“Dobbiamo salutare il libro di Sandro Veronesi come un dono”, così ha detto il Vescovo emerito della Diocesi di Prato Gastone Simone, seduto davanti a me e a Giovanni Mati, un altro scrittore che il pubblico pratese ben conosce, in un piccolo ristorante che serve i tortellini in via Bologna.
Sandro Veronesi non è né teologo né credente, ha quindi la fortuna d’essere immune dai condizionamenti dottrinali. Nel libro “Non dirlo”, coglie e regala al lettore la forza e la bellezza di un testo unico, cioè il Vangelo di Marco.
San Marco è l’inventore del genere evangelico, un regista e un perfetto tecnico delle luci, con l’occhio di bue ben puntato sulla persona di Gesù. E via via che narra le vicende del Nazareno, aumenta l’intensità della luce in modo che appaia chiaramente in che modo Gesù è davvero il Messia. Consegnandoci il suo Vangelo, Marco ci rende tutti poeti… Marco sa che il Vangelo è luce, quindi innocenza. E dell’innocenza basta anche solo il profumo per provocare l’incendio nelle coscienze.
L’evangelista costruisce lo spazio con il fiume, il mare, il deserto, l’acqua, la voce e la paura, e poi libera il profumo che, diffondendosi, inebria tutti.
Vi consiglio di leggere il Vangelo che il “Non dirlo” di Veronesi, insieme.
C’è tutta la bontà di Veronesi in questo libro, il suo amore vero per un narratore, Marco, e per la persona di Gesù. C’è il confronto sincero tra un intellettuale di oggi e un testimone di ieri. E per me, quando c’è dialogo e stima tra due mondi diversi, questo basta.
Per adesso, a parte qualche mugugno sulle “Beatitudini”, non l’hanno ancora fatto ma potrebbero scatenarsi i biblisti e gli indottrinati. Ma onestamente, su questo e su tanti altri punti, Veronesi ha ragione.
don Jean-Jacques Ilunga
Martedì 7 luglio nella parrocchia di San Paolo, la presentazione di “Non dirlo” di Sandro Veronesi.