Suo fedele e virtuoso chitarrista dal 2000, Riccardo Onori in questi giorni sta affrontando il secondo tour negli stadi italiani a fianco di Jovanotti, che sta registrando sold out e repliche in tutta Italia (basti pensare che a San Siro si sono registrati 3 tutti esauriti di fila). Il viaggio prosegue e arriva a toccare Firenze, sabato 4 e domenica 5 luglio. Lo abbiamo intervistato e ci siamo fatti raccontare lo show.

Ciao Riccardo. Come sta andando questo “Lorenzo negli stadi 2015”?

Benissimo, alla grande. Siamo arricchiti tutti quanti dall’esperienza della “prima volta” di due anni fa. Ci viviamo questo show con più serenità, anche se non si può mai dire così. Quella di questo anno è un’esperienza maturata, che rodiamo di data in data, e che migliora ogni sera.

Descrivici questo show, pieno di video, fulmini, cartoni animati, fumetti e giochi visual.

Questo è uno spettacolo nuovo per l’Italia. Lorenzo nel pensare i suoi spettacoli non basa tutto su un aspetto solo, ma tutto è voluto e arrangiato assieme per provocare delle emozioni precise: un’immagine, una luce, un sound preciso, la scaletta. E’ uno spettacolo cinematografico, mi viene da definirlo così. Da non perdere assolutamente, anche se non dovrei essere io a dirlo.

Sul palco alle chitarre sei affiancato da Danny Bronzini un giovanissimo e talentuoso chitarrista (19 anni), che hai “scoperto” tu.

Lorenzo mi ha chiesto di aggiungere una chitarra per questo tour, per avere un po’ più di libertà io. Danny è bravissimo, l’avevo visto suonare e mi aveva colpito. Nonostante non avesse un’esperienza del genere, preferivamo avere un ragazzo giovane da fare entrare nella nostra squadra, un ragazzo a cui insegnare il mestiere, piuttosto che un professionista. Danny è un ragazzo molto in gamba, molto umile: spero che questa esperienza gli faccia bene.

Continui a indossare un kimono da samurai come 2 anni fa. E’ cambiata la capigliatura, adesso hai la cresta.

Adesso sono un “nippo-punk”! (ride, ndr.). L’idea della capigliatura è nata da Lorenzo per variare un po’ sul tema rispetto allo scorso tour, e a me piace un casino. La figura del samurai mi affascina, mi sento un combattente sul palco. Tutti i nostri vestiti sono ispirati dai supereroi: questa cosa del travestirsi mi rende libero sul palco, mi permette di fare cose che altrimenti non farei.

Avete qualche rito scaramantico che fate prima del concerto?

Ci mettiamo in cerchio e congiungiamo i pugni dei musicisti e diciamo una parola tutti in coro che non posso svelare.

Tre sold out a San Siro. Deve essere stata una bella emozione.

Abbiamo suonato a 35 anni di distanza da quando ci suonò Bob Marley in quello stadio. Lo stesso giorno. San Siro è la cattedrale italiana di chi fa musica negli stadi, è un’emozione incredibile, tre serate pazzesche, anche se fisicamente distruttive perché abbiamo dato tutto quello che avevamo da dare.

Suonare al Franchi invece cosa rappresenta per te?

Il Franchi è la “mia San Siro”: suono davanti alla mia gente, nello stadio in cui gioca la squadra che amo. Ci divertiremo.

Quando non sei in tour è facile trovarti a suonare nei locali di Prato, a fare jam session o progetti tuoi. E’ importante per te continuare a suonare in piccoli contesti?

Quella è pura passione. Il mio lavoro mi costringe a cercare sempre cose nuove, a sperimentare, anche solo per tenermi allenato. Non mi sottraggo a suonare nel pub perché so che poi mi servirà quell’esperienza anche quando suonerò in uno stadio. Avere davanti 30 persone non è meno difficile che suonare davanti a 40mila, è anche più complicato sotto a certi aspetti. E comunque quando prendo in mano questo strumento dò sempre il massimo, in tutti e due le situazioni.

(foto anteprima: Nico Brunelli)