Da qualche anno a questa parte Prato è la città di quelli che provano a fare da soli. E che spesso ci riescono. Soprattutto in centro storico e contro il degrado, fioccano i comitati di residenti e commercianti che vogliono fare qualcosa per migliorare da tutti i punti di vista il proprio quartiere. E’ il privato che soccorre il pubblico, è la gente che si fa carico di quello che spetterebbe allo Stato. E a Prato l’esempio più fulgido è il Consorzio Santa Trinita.
E’ un processo che si è messo in moto nel 2013, quando per contrastare l’inazione dell’amministrazione pubblica sul fronte degrado e sicurezza arrivarono le prime mobilitazioni di residenti e commercianti in via Pier Cironi, contro lo spaccio, e in via del Serraglio, contro la desolazione in generale. Quelle prime iniziative tornarono a dimostrare ai pratesi che fare qualcosa era possibile e che facendolo si arrivava pure a vivere un po’ meglio la propria città.
Nell’estate di quell’anno ci furono altre iniziative simili ma quella che con più decisione si presentò al pubblico il 6 giugno 2013 fu “Immaginiamo Santa Trinita“. La promuovevano due politici dell’Udc, Francesco Querci, che quattro anni prima aveva corso per la presidenza della Provincia, e Giacomo Sbolgi. Invitando residenti, commercianti e professionisti a incontrarsi per formare un coordinamento civico che si occupasse della riqualificazione del quartiere, posero le basi di un processo partecipativo che probabilmente ha pochi eguali nella recente storia di Prato. Lo specificarono anche nel volantino dell’epoca, ponendolo però come interrogativo perché ancora non sapevano come sarebbe andata: “verso un nuovo format di partecipazione”?
La risposta, due anni dopo, è “sì, e funziona anche”, visto che in poco tempo è riuscito a modificare di fatto la vita di un intero quartiere. Col benestare della politica, quello che all’inizio non era altro che un comitato di protesta divenne di lì a pochi giorni un vero e proprio consorzio bipartisan.
La prima iniziativa della neonata associazione fu una cena che fece innamorare tutti i pratesi dei giardini di Sant’Orsola, da anni invivibili a causa di incuria, bulli e tossicodipendenti. Una cena in grande stile, tra l’altro. Quindi si attivò per il periodo di Natale con gli eventi del caso, penetrando nella vita del centro con eventi e iniziative capaci di animare la strada dalla quale prende il nome. Come tante altre associazioni fanno per animare la città e che proprio per questo vengono promosse dalle amministrazioni di turno.
Il Consorzio Santa Trinita alzò il tiro nel maggio dell’anno scorso. Prato era in campagna elettorale e arrivò lo “street food“ e migliaia di persone si riversarono in centro per assaggiare bollenti arrosticini abruzzesi. E’ stato quello il momento, di fronte cioè a un evento di tale portata finanziato in proprio, che si è capito che il Consorzio Santa Trinita era un po’ diverso dalle altre associazioni e comitati della città. Aveva cioè organizzazione, risorse, idee precise. Di lì a qualche mese poi, settanta associati si sobbarcarono le spese per la vigilanza privata del quartiere che oggi fa dire a Querci “Da quel momento gli atti di vandalismo e gli altri problemi legati alla sicurezza nella zona si sono ridotti al minimo”. Un successo insomma: a Prato, dove non è arrivato lo Stato (e le polemiche che seguirono lo spiegano bene) sono arrivate le iniziative dei cittadini.
Il successo più grosso del Consorzio Santa Trinita è però il progetto per il recupero e il rilancio del giardino di Sant’Orsola. Nei giorni scorsi è stato presentato il programma degli eventi estivi che lo animeranno nei prossimi mesi. Tornerà insomma a disposizione dei pratesi e delle loro famiglie come si conviene all’unico, vero giardino del centro storico. E’ una storia di successo che merita attenzione e può essere riassunta così: un gruppo di privati cittadini, vedendo che la politica non si curava del giardino del loro quartiere, si è organizzato, ha progettato, richiesto e ottenuto gli interventi reputati necessari alla sua rinascita.
“Stiamo vivendo una modifica naturale del diritto pubblico – spiega Querci, che di mestiere fa l’avvocato – da una parte ci sono le amministrazioni pubbliche che arretrano, alle prese con difficoltà di ogni tipo, dall’altra c’è una ritrovata attenzione da parte dei cittadini per il bene pubblico che li riguarda. Stiamo cioè andando sempre più verso un affidamento diretto ai cittadini dello spazio pubblico. Questi fenomeni sono figli del nostro tempo e credo – conclude – che sarebbe interessante parlarne in pubblico, magari anche nello stesso giardino di Sant’Orsola”.
A ben guardare non importa neppure chi sia alla guida politica della città se i progetti sono utili a tutta la comunità. “Non siamo legati alla politica – precisa Querci – per scelta abbiamo deciso da sempre di essere autosufficienti da un punto di vista economico e per questo possiamo dire che la transizione da una giunta all’altra è stata indolore. Siamo tutti volontari e quello che guadagniamo con gli eventi lo reinvestiamo nel Consorzio”. Con la passata amministrazione il Consorzio chiese e ottenne la chiusura del giardino con delle recinzioni metalliche. Il giardino era rimasto fino a quel momento accessibile giorno e notte. Con la giunta Biffoni il Consorzio ha stipulato invece una convenzione per l’apertura e la chiusura del giardino, ha ottenuto la sistemazione dello spazio – piantumazione, impianto elettrico e idraulico tramite Asm – e otterrà con ogni probabilità anche l’affidamento diretto del giardino, cioè della sua custodia e dei servizi che dovrà offrire quotidianamente ai suoi frequentatori. Quel giorno, la rinascita del giardino di Sant’Orsola perpetuata dal Consorzio Santa Trinita sarà compiuta davvero.
Dinamiche di questo tipo sembrano mettere d’accordo tutti. I cittadini, che possono lavorare direttamente al cambiamento del proprio quartiere di fronte all’impotenza della politica – poco male se pagano già le tasse e dovrebbe essere tutto compreso – e anche l’amministrazione di turno, che non deve far altro che avallare o meno i progetti e investire quel tanto che basta per realizzarli, senza dover progettarli e di conseguenza risparmiando pure qualcosa. Soprattutto, con cittadini così attivi ed efficaci, la politica può permettersi anche un’altra cosa: smettere di programmare la città e ricercare consenso. Che tanto ci pensa già qualcun altro.