Tecnicamente, da un punto di vista di puro virtuosismo, essere definito è, per un artista, una pena paragonabile a una grattugiata sulle gengive. Nella pura realtà dei fatti, però, non posso definire i Fantasia Pura Italiana perché non mi riesce e, a essere onesta, non è che riesca tanto bene anche a loro: dopo non troppo lungo rimuginare convengono sulla definizione vaudeville rock. Che, fondamentalmente, non è affatto male.
Non amano farlo sapere, ma il primo nucleo è nato praticamente undici anni fa, ai famosi tempi del liceo e del BancoRock, con Ivan alla chitarra e Fabrizio alla voce (per il decennale si sono anche baciati in bocca – Francesco) ma, ad essere precisi, la formazione attuale è in auge dal 2013.
“Abbiamo registrato L’Esgamotage in quell’anno, un ep di cinque pezzi – spiega Ivan, chitarra – ma la formazione era ancora diversa, con Patrizio Castrovinci a flauti e percussioni. Era la prima volta che Francesco provava a lavorare con noi con questo abbozzo di teatro canzone; da lì si è evoluto tutto quanto, abbiamo cercato di strutturare la faccenda. Prima era una situazione del tipo: Gori vieni, fai quello che vuoi, smatta – continua – dopo la cosa si è assestata, i concerti hanno preso forma e da un anno a questa parte sono diventati spettacoli misti fra canzoni a cui teniamo comunque molto e sketch”. “Quando parliamo di teatro canzone vengono in mente Giorgio Gaber o Cochi e Renato – spiega Francesco – ma in realtà non siamo né l’uno né l’altro: non come stile, ma proprio come montaggio dello sketch. Cerchiamo comunque di portare uno spettacolo con un inizio, svolgimento e fine: quando c’è la canzone è solo canzone, solo concerto, poi lo sketch collega una canzone all’altra o, magari, si trova dentro la canzone stessa.”
Il modo in cui Francesco (parole, teatro, Gesù, versi strani e improvvisazione teatrale dei Fantasia Pura Italiana) è entrato a far parte del gruppo ricorda quella in cui un falegname di nome Harrison Ford si ritrovò a recitare in Star Wars nella parte di Han Solo: “Facevo le luci al loro concerto la prima volta che li ho visti sulla scena, eravamo al Siddartha a una Festa Semaforo – spiega – mentre Claudio, il bassista, era il loro fonico”.
Non solo: i Fantasia Pura Italiana (da ora in poi abbreviati in FPI per pura pigrizia della sottoscritta, sigla che, vengo informata, significa anche, nell’ordine: Firenze-Pisa-Imola e Fontina-Provola-Insalata) sono sei teste pensanti con sei background del tutto dissimili: il batterista è una macchina da guerra con un’origine come batterista disco, capace di reggere anche cinque ore di live senza subire troppe conseguenze, Claudio viene dall’hardcore (e dagli inferi – Ivan), Francesco viene dal teatro e dall’improvvisazione, Ivan e Bollore (tastiere) vengono dal metal e dall’hard rock, Fabrizio (voce e chitarra) viene dal cantautorato “Quindi più chitarra, campi e fiaschi di vino – conclude Francesco – è un mix assolutamente non omogeneo e, di solito, queste cose o sono creative o diventano terrificanti. Una canzone a volta parte da un riff, da un testo o da un’improvvisazione: non c’è uno schema”. “Se il teatro entra nella canzone è perché è Francesco a scrivere la canzone – spiega Ivan – Fabrizio ha uno stile più cantautorale, più complesso”. Complesso, ma non inaccessibile: “I testi dei FPI sono comprensibili a tutti, anche se magari non immediati – dice Ivan – vanno ascoltati con l’attenzione che meritano: non sono zuppi di paroloni, ma sono comunque pieni di cose che vale la pena vengano dette. Devono essere seguiti: io non sono nemmeno un fan sfegatato dei testi, ma una canzone che non comunica niente per me non vale nemmeno la pena di esserci”
“Il testo è una di quelle cose su cui sto lavorando – aggiunge Francesco – si dice che chi dice troppe cose non dice niente, alla fine, e io ho il vizio di voler sempre usare troppe parole: sto cercando di imparare a usare meno parole, ma più immediate”.
“Una volta ci hanno definito cattedrali barocche ricoperte di miele – dice Francesco – è uno scoop, e sarà il titolo del nuovo album. I Fantasia Pura Italiana in Cattedrali barocche ricoperte di miele, il titolo più lungo della storia” (Sta scherzando. Non è vero. Ma sarebbe notevole.)
Parlando di titoli, il loro album, Buon Appetito, avrebbe dovuto chiamarsi Sugo: “Poi però abbiamo scoperto che uno degli album più importanti di Finardi si chiama nello stesso modo, e abbiamo dovuto cambiarlo.” L’idea è nata dal fatto che i membri dei FPI, per scelta o per forza, sono tutti mezzi cuochi: “Siamo una generazione di cuochi, baristi o camerieri, la scelta è poca – dice Francesco – Doveva chiamarsi proprio Camerieri e cuochi, ma non ci piaceva, e abbiamo ripiegato su Buon appetito che, a pensarci bene, è una cosa che senti almeno una volta al giorno. Il prossimo album lo chiameremo #noexpo, trovata pubblicitaria ancora più utile che ci porterà ad avere milioni di visualizzazioni.”
Buon Appetito è nato grazie a Musicraiser, piattaforma di crowdfouding che permette a band emergenti di raccogliere i soldi necessari a pubblicare il loro lavoro: “Nel disco ci sono pezzi che esistono da anni, finiti nel dimenticatoio e riarrangiati dopo anni, e pezzi nati due settimane prima di andare a registrare – spiega Ivan – il lavoro grosso del disco, fra registrazione e tutto, ha impiegato sei mesi.” “C’è una canzone, Il lupo è cattivo – dice Francesco – che il Ganu (Fabrizio) suonò una volta per caso mentre eravamo a Roma, e avevamo già praticamente deciso quali tracce inserire nel disco; la scrisse alle superiori, e la sentii solo e io quasi per sbaglio. E’ una splendida canzone: l’abbiamo portata all’interno del gruppo ed ora è sul disco”.
Sparse in tutto il disco ci sono una serie di citazioni messe lì da Francesco con intenzioni più o meno serie: Una bellissima farfalla si apre con la sua voce che imita quella di Heimlich, il bruco di A bug’s life, che spiega come un giorno sarà una bellissima farfalla e tutto andrà meglio: “E’ uno dei pezzi più tristi che ho scritto, a mio parere – dice – aspetta tutta la vita di diventare farfalla e, quando succede, gli spuntano due alucce microscopiche e lui è un brusone gigantesco. E lui è contento lo stesso anche se, da un punto di vista puramente naturalistico, è altamente probabile che morirà il giorno dopo”. Un’altra citazione è “Eschilo signori Eschilo, che qui si Sofocle/attenti a quelle scale sono Euripide”: “E’ una filastrocca che usava una delle mie professoresse del liceo per farci ricordare i tragediografi in ordine cronologico – spiega Francesco – e, da appassionato di teatro, non potevo esimermi. Il fatto è che leggendo i loro lavori viene veramente da dire: signori, cosa stiamo facendo? Quello che facevano loro, centinaia di anni fa, è una bomba atomica rispetto a quello che possiamo fare noi adesso. Vaticano Vaccipiano, va bene, ma nessuno è mai riuscito ad avere di nuovo la potenza di un testo come Antigone. Facevano molto più danno loro nel 435 Avanti Cristo di quanti potremo mai farne noi.” Anche Ovetto Grinder, il primo singolo estratto dal disco, non è da prendere sottogamba: “E’ uno spaccato della nostra generazione, che viene definita sempre più spesso generazione disagio – spiega Francesco – sembriamo davvero nati da un ovetto grinder senza la sorpresa. Sembra triste, ma paradossalmente per me è più triste Una bellissima farfalla che Ovetto grinder”.
Gli arrangiamenti sono quantomai vari: “Per l’arrangiamento di Milf abbiamo letteralmente studiato i suoni di Mengoni e simili – dice Ivan – e abbiamo cercato di ricreare quel tipo di sonorità, Vaticano Vaccipiano invece è tipicamente rock, con i chitarroni. Paradossalmente c’è più lavoro dietro Milf, una canzone quasi alla Gem boy, che dietro altri pezzi con testi che sono decisamente più seri”. “E’ stata davvero ispirata da una Milf (per chi non lo sapesse, una Milf è una donna di mezza età ancora decisamente desiderabile. Chi volesse la traduzione dell’acronimo se la vada a cercare, che non sono qui a dispensare parolacce gratuitamente), quando eravamo a Roma la vedevamo spesso perché lavorava nella pizzeria che avevamo sotto casa: ci puntava e fioccavano battute, noi ci siamo avvelenati e alla fine è nata la canzone”.
I FPI, a detta di molti, sono un circo itinerante: “Abbiamo un approccio necessariamente molto attivo col pubblico, fra sketch, persone invitate a salire sul palco e tutto quanto – spiegano – e, di solito, la gente reagisce molto bene. Poi ci sono le volte in cui quando Francesco sfonda la quarta parete scende il ghiaccio: se le persone stanno meno al gioco rendiamo meno, se chi ci viene a vedere vuole solo vedere un concerto siamo meno incisivi. Solitamente, considerando anche che lo spettacolo che proponiamo non è il classico gruppo che suona e basta, le persone sono incuriosite e partecipano volentieri. C’è un po’ il rischio di distrarre le persone dai pezzi o dai testi, ma è un rischio che ci prendiamo volentieri”.
A essere onesti, sono stati anche cercati per partecipare ai talent show: “Ma avrebbe avuto poco senso, anche se una visibilità di quel tipo e con quei numeri ci servirebbe – dice Ivan – ma il problema è che non avrebbe avuto senso, non c’entriamo, e sarebbe stato difficilmente giustificabile: la passione resta quella, ci siamo già messi in testa che i miliardi non li faremo. Non ne abbiamo bisogno, in un certo senso”. “Non è boicottare il talent in quanto tale – conclude Francesco – se davvero chi è in giuria cerca il talento vero, al di la della vendibilità”
Ma è fattibile in televisione, una cosa del genere? “Sarebbe da chiedere ai televisivi. Non saprei, davvero”.
I Fantasia Pura Italiana suoneranno a Prato, a Prato a tutta birra, il 12 maggio. Seguiranno: Bergamo il 24 maggio, Milano con un house concert (in cui non solo suoneranno, ma cucineranno pure l’apericena) il 25, Arezzo il 29, Formia il 30, il teatro India di Roma il 31, Ancona l’undici luglio, Castelfranco Veneto il 22, Trento l’otto agosto per Le Parti di Ricambio Festival e il Colour Festival dell’Isola D’Elba il 16.
Resta il dubbio di quale sia la password del papa su Facebook, e i complimenti per essere riusciti a fare una rima con YouPorn, che non è facile per niente.