Uso e abuso dell’alcol in Italia. Cala il consumo di alcol, aumentano gli astemi, diminuiscono i consumatori e i binge drinkers, ma gli italiani a rischio sono più di 8 milioni. Target vulnerabili? I minori, i giovani, le donne e soprattutto gli anziani. Il 16 aprile, si è tenuta la XVI edizione della Giornata per la prevenzione nell’uso e nell’abuso delle bevande alcoliche – Alcohol prevention day – convocata dall’Istituto superiore della sanità (Iss), del Centro nazionale epidemiologia sorveglianza e promozione della salute (Cnesps) e dell’Organizzazione mondiale della sanità (Oms) e sostenuta e finanziata dal Ministero della Salute. Gli studi diffusi per l’occasione hanno evidenziato che calano i consumatori abituali, calano anche i binge drinkers (con binge drinking si intende il consumo massivo in un breve lasso di tempo), ma in ogni caso restano quasi 8 milioni gli italiani a rischio.
Si tratta di persone di ogni fascia d’età che consumano alcol in modo dannoso, con conseguenze a breve, medio e a lungo termine. Di questi, tanti sono giovani. Ad affermarlo il rapporto pubblicato sul sito del Ministero della Salute. “I ragazzi rappresentano un target di popolazione estremamente vulnerabile all’uso di alcol, tanto che è diventato la prima causa di mortalità, morbilità e disabilità” fra gli under 25. Proprio i minori, insieme a donne e anziani, sono le categorie maggiormente a rischio anche per il Binge Drinking, letteralmente l’abbuffata alcolica: dei 3 milioni di binge drinkers che in media vengono registrati in Italia ogni anno, moltissimi hanno meno di 25 anni. E, anzi, analizzando ancor meglio il problema emerge che i più a rischio per il binge drinking siano addirittura i giovani tra i 18 e i 24 anni, e che il 14,5 percento dei giovani italiani fa abuso di alcol in particolare durante i momenti di socializzazione.
Quindi, nonostante con una media di 6 litri di alcol all’anno consumati mediamente da un italiano, il nostro Paese risulti tra i più virtuosi d’Europa, (in quanto 6 litri è il limite medio individuato dall’Oms come soglia indicatrice di salute e salute pubblica), l’emergenza resta.
Secondo l’Istituto nazionale di statistica, infatti, i “comportamenti che eccedono rispetto alle raccomandazioni si osservano più frequentemente tra gli ultra sessantacinquenni, tra i giovani fra i 18 e i 24 anni e addirittura tra gli adolescenti, in una fascia d’età compresa fra gli 11 e i 17 anni.
Per quanto riguarda un comportamento calcolato sul lungo periodo, Istat precisa che “tra il 2005 e il 2014, la percentuale dei consumatori giornalieri di bevande alcoliche scende dal 31 al 22,1 percento. Aumenta, invece, la quota di quanti consumano alcol occasionalmente (dal 38,6 al 41) e quella di coloro che bevono alcolici fuori dai pasti (dal 25,7 al 26,9)”.
Tornando a quanto comunicato dall’Istituto superiore di sanità, l’alcol causa in media 18 mila morti ogni anno ed è la prima causa di mortalità sotto i 29 anni. Come? Causando cadute, omicidi, suicidi, incidenti, incidenti stradali. In ogni caso, anche in quantità modiche, le bevande alcoliche possono essere responsabili di oltre 200 malattie e tipi di cancro e tra questi il cancro al seno.
Intanto, in attesa della diffusione di un studio specifico più recente che riguardi la Toscana e magari Prato, possiamo considerare i punti salienti dell’ultima analisi disponibile che risale al 2013. In Toscana si è soliti assaggiare l’alcol in età giovanile, se non addirittura in età infantile: l’età media di inizio al consumo di alcol è infatti intorno ai 14 anni, secondo un modello familiare di consumo di vino nell’ambito del contesto alimentare. Inoltre, in Toscana, i consumi di alcol si collocano al di sopra della media nazionale, e se resta comunque il vino la bevanda più consumata, nelle fasce di età giovanili aumenta il consumo di birra e liquori. “La più alta proporzione di bevitori a rischio si riscontra nella popolazione più adulta e tra le classi sociali più basse – viene spiegato nel sito dell’azienda sanitaria regionale -. Il profilo del giovane consumatore di alcol toscano attraversa una fase di omologazione ai modelli nordici soprattutto nelle coorti più giovani”. La socializzazione legata al consumo non avviene più tramite il vino, ma tramite altre bevande: aperitivi alcolici innanzitutto.