Ci sono buone speranze per i ragazzi disabili rifiutati da alcune scuole superiori della provincia pratese: nel giro di pochi giorni le famiglie verranno contattate da un gruppo di lavoro costituito ad hoc che cercherà la migliore soluzione ascoltando le singole esigenze di ogni studente. Questo il risultato dell’incontro di stamani nell’Ufficio scolastico provinciale fra il presidente della Provincia, Matteo Biffoni, (in qualità di referente degli istituti superiori), tutti i presidi, gli assessori alla Pubblica istruzione di Prato e di Montemurlo – rispettivamente Maria Grazia Ciambellotti e Rossella De Masi – e i responsabili dell’Azienda sanitaria locale, fra cui Marco Armellini, direttore della sezione Tutela della salute mentale infanzia e adolescenza.
Nonostante l’iniziale reticenza di Gaetano Flaviano, il dirigente del Livi e del Liceo artistico Brunelleschi accusato di aver detto no a ben nove disabili, hanno avuto la meglio il buonsenso e la necessità di garantire il diritto allo studio di tutti. “Sia Flaviano che Mario Di Carlo, preside del Cicognini-Rodari, (l’altra scuola molto ricercata dai ragazzi con certificazione di disabilità ndr.)si sono posti fin da subito sulla difensiva in maniera molto rigida e intransigente – spiega Armellini -, ma alla fine la nostra posizione unita e forte ha preso il sopravvento e abbiamo avuto la meglio. Prima di Pasqua, dunque, contatteremo ogni singolo ragazzo e assieme ai genitori troveremo la sistemazione più idonea. Al centro di tutto ci saranno le attitudini e le necessità di ciascuno. Non sono numeri, sono persone giovani, con speranze e progetti, e la loro domanda di iscrizione va valutata con attenzione e rispetto”.
Di questo gruppo, che si porrà quale mediatore fra le scuole e le famiglie, faranno parte oltre ad Armellini, i due presidi De Carlo e Flaviano, Grazia Maria Tempesti preside del Keynes, Erminio Serniotti del Buzzi, l’assessore Ciambellotti e Sant’Agata, dirigente scolastico provinciale.
“Da settimane, insieme all’Assessore Ciambellotti e all’Ufficio Scolastico Territoriale – precisa Armellini – stavamo cercando di creare le condizioni di una risposta che rispettasse gli interessi e le inclinazioni degli alunni e finalmente ci stiamo riuscendo. Non basta fermarsi all’indignazione di fronte a ragazzi rifiutati perché disabili perché siamo di fronte principalmente a un ostacolo culturale: qual è la funzione della scuola per chi ha una disabilità? Si pensa che i disabili gravi possono stare in qualsiasi tipo di scuola, tanto per loro quello che conta è ‘socializzare’, non imparare. Ma chi ha una disabilità intellettiva o comunicativa apprende dall’esperienza di partecipare a un impegno comune, insieme e oltre ai contenuti trasmessi, e soltanto insieme ai coetanei, perché le richieste e le offerte che essi propongono sono insostituibili. Non ha senso, perciò, trattenere indefinitamente gli alunni disabili nelle classi inferiori, come se fossero degli eterni bambini”.
Quindi Armellini precisa che “l’inclusione nasce dall’impegno comune di scuole, enti locali e azienda sanitaria, per assicurare insegnamento e assistenza, formazione e trasporti, ausili e accessibilità. A noi sanitari spetta progettare l’inclusione e fare un buona manutenzione del progetto, dando alla scuola le competenze necessarie. Dobbiamo anche prenderci la responsabilità di dichiarare, insieme alla scuola, le risorse necessarie per l’inclusione. Non si può pensare di farla con 9 ore di insegnamento di sostegno alla settimana, o con due incontri di progetto all’anno, o senza la necessaria formazione e assistenza”.
Da qui il bisogno di un impegno insieme ai familiari per arrivare a un nuovo accordo di programma, che famiglie e addetti ai lavori aspettano da 10 anni e che chiarisca compiti e impegni di ciascuna istituzione.