Le Luci Degli Autovelox, quelle viste nel mio specchietto retrovisore percorrendo l’A11, fra Lucca, dove mi trovavo per il Film Festival, e Firenze, dove Giorgio Canali ormai sta già aprendo il concerto a Le Luci Della Centrale Elettrica. Non avrei mai pensato di trovarmi un giorno a rischiare la vita per un concerto dal gusto così lontano rispetto alla mia indole di hardcore kid, ma ci pensa la pattuglia della stradale di Novoli a mettere un freno al mio tachimetro.

Dove sta andando così di corsa?
Ad un concerto.
Che concerto?
Le Luci Della Centrale Elettrica.
E che è?
Una band, mica poteva chiamarsi Bolletta Dell’Enel, le pare? Che poi non è neanche una band, è Vasco Brondi.
Vasco Rossi?
No, quel vecchiaccio no! Brondi, quello che fa i cordless di scarsa qualità, Brondi!

Ha presente gli starter, quelli con la pistolina a salve che danno l’avvio alle gare di atletica? Se ce ne fosse uno del Congo, cosa direbbe agli atleti prima di dare il via?
Brondi?
Ecco, Brondi. Arrivederci.

La polizia si è mangiata tutta la tara calcolata per trovare in tempo utile un parcheggio in un raggio di dieci chilometri dalla Flog, l’unico locale al mondo con l’articolo femminile. Per fortuna io e Necro troviamo un posto proprio davanti al garage di qualcuno, a circa venti minuti a piedi dal club salite comprese, praticamente una pacchia. Arriviamo trafelatissimi alla cassa, ma non c’è nessuno, solo un foglio col tipico “Torno Subito”. Si sentono già i suoni provenire dal palco, ovattati dalla distanza e dai muri che ci separano da esso, mentre noi siamo sempre qua a discutere sulla diarrea fulminante che evidentemente ha colpito la cassiera. Poco dopo eccola apparire nel gabbiotto, sta mangiando un pezzo di pizza e con la manina fa cenno di aspettare. Appena finito di mangiarci lo spuntino di seconda serata in faccia ci dà i biglietti e finalmente entriamo.

Subito incontro degli amici del mio giro, tutti mi dicono che sono lì per accompagnare le proprie ragazze; fanno i distaccati perché vogliono sembrare dei duri, o più probabilmente perché sanno che i concerti de Le Luci Della Centrale Elettrica non sono certo delle voliere. In effetti, guardandomi intorno, noto molte situazioni simili: ragazzi che si scoppiano cicchini abusivi e ragazze intente a cantare ogni strofa con tanto di braccia al cielo. Alcuni sing along da parte di queste voci femminili in massa mi fanno vivere l’incubo di un concerto degli One Direction, invece è Brondi che ha iniziato lo show esaltando fin da subito il pubblico. Il set di questo tour è diversamente impostato rispetto a quello che mi sarei aspettato, infatti ha un’impronta decisamente rock, che si sposa benissimo con l’ambiente offerto dalla Flog ed il clima da tutto esaurito. Alla chitarra c’è Fede Dragogna de I Ministri, al basso Matteo Bennici ed alla batteria Paolo Mongardi degli Zeus!, mica degli Anna Cacangelo o Suor Kristiny qualunque, mentre al centro della scena c’è naturalmente un cardigan con dentro Vasco Brondi.

Il sound è potente davvero, gli arrangiamenti sono convincenti, l’idea di trovarsi di fronte ad una solitaria e malinconica chitarra acustica è allontanata dall’attitudine dirompente della band. La cover di ‘Curami’ dei CCCP è un omaggio a Giorgio Canali, personaggio importante ai tempi dell’esordio del progetto Le Luci Della Centrale Elettrica, ed infiamma ulteriormente la platea. Pezzi energici in realtà si alternano a brani più intimisti, che Brondi esegue necessariamente in solitaria, con l’unica compagnia delle luci natalizie montate alle spalle del palco, per ricreare un’atmosfera romantica, ma senza maglioni con le renne. Durante questi pezzi vedo ondeggiare parecchi accendini accesi, un gesto talmente nazionalpopolare che la mia idea di assistere ad un concerto infestato dagli hipster tramonta anch’essa, per fortuna, miseramente.

Mi rendo conto come questo antico gesto collochi lo spettatore medio di stasera nella fascia degli ultratrentenni, ma in realtà la platea è molto composita; in fin dei conti il lato cantautorale di Brondi richiama un pubblico maturo, ma i suoi testi romanticamente decadenti invece fanno sciogliere tutte quante nei propri drammi esistenziali, dalle donne alle ragazzine emo, mettendo insieme un pubblico eterogeneo. Inoltre Le Luci Della Centrale Elettrica affonda le proprie radici nei social network, in canali alternativi rispetto alla radio o alla tv, richiamando così anche un pubblico piuttosto giovane. C’è da rendere atto a questo cantautore di riuscire a mettere insieme fette diverse di pubblico, puntando sul denominatore comune della semplictà unita alla ricercatezza dei testi. Essi mischiano continuamente linguaggi alti con quelli bassi, la nobiltà dei sentimenti con la miseria delle periferie, creando figure retoriche a non finire, in cui trovano rifugio presunti ascoltatori intellettuali dalla spiccata sensibilità e gli orfani del vuoto barocco dei Subsonica.

‘Cara Catstrofe’, il singolo che decretò il grande successo di Brondi, manda in sollucchero tutti quanti, la gente impazzisce, una coppia chiede addirittura a Necro di fargli una foto con la propria fotocamera, neanche fossimo nel 1915. Andate a suicidarvi in garage. Risponde lui citando ‘Fare I Camerieri’, che è on air.

Seguono una cover degli Afterhours e canzoni estratte sia dal nuovo che dai vecchi album, Brondi si concede pure uno stage diving, il livello dell’energia in sala è davvero alto. Rimango positivamente colpito dall’andamento del concerto, sopra le mie aspettative, poi mi soffermo a pensare come qua dentro Vasco Brondi abbia una fitness riproduttiva elevatissima, e questo mi fa riflettere anche più dei suoi testi impegnati fra amore e sociale. Quando il concerto finisce non riesco più a scollare i piedi dalla birra incrostata sul pavimento, poi finalmente ce la faccio ed avvicinandomi all’area del merch mi rendo conto di quanto il pubblico sia impazzito per questo show, infatti sta facendo a cazzotti per accaparrarsi le t-shirt della band, seppur siano le più brutte mai viste. Subito dopo parte il dj set classico della Flog, una sorta di selezione da balera rock, una cosa così imbarazzante da farmi levare le tende dopo neanche due shottini col mio amico Marco, driver della band.

Rincasando vedo le luci della città brillare in modo diverso, una provincia siderurgica nostalgica e vitale, ricca di metalmeccanici che amano, di cassintegrati che vagano, di galere che sembrano alberi di Natale. No, non è vero, però ho apprezzato davvero il concerto, che pur tecnicamente non perfetto ha avuto una presa emotiva notevole ed ha sprigionato un’energia non da poco.

In realtà, molto più semplicemente, quando sto per imboccare l’autostrada vedo di nuovo la pattuglia che mi aveva fermato all’andata, al ché mi affianco e dico:

Brondi?
E subito mi rispondono
Addendi?
Via!!!!!