La gioventù segreta di Turku.
Sblocco il Galaxy, premo sull’icona di Google Maps, ricerco e seleziono Turku, Finlandia. L’appuntamento con Joshua è al Bär Rolandø di Tallin, da lì in poi un drakkar di linea ci trasporterà al Cycle, che per venire incontro ai Callisto si è spostato nella loro città natale.
Durante il viaggio non posso far a meno di notare il paesaggio, ogni cosa oltre il parabrezza si sposa benissimo con le sonorità delle band che si esibiranno durante la serata. Delle terribili ed anomale raffiche di vento sono complici di una devastazione che non trova memoria nei ricordi. Il vento ha divelto gli alberi ed inclinato la cartellonistica. Adesso i cartelli stradali indicano luoghi senza una reale connotazione geografica, ma questo non mi distrae, le riflessioni esistenzialiste sono alleggerite dall’ultima uscita dei Purity Ring; continuo verso la mia meta. Arrivato a Tallin carico in auto Joshua e ci dirigiamo verso il porto, sembra andare tutto bene fin quando non scopriamo che il nostro drakkar percorrerà l’ultima corsa di quella giornata, ottimo. Per il ritorno ci arrangeremo in qualche modo, nella speranza che una nave merci ci accolga senza farsi troppe domande in merito alla nostra trasferta.
A dir la verità non appena arriviamo al Cycle ci accorgiamo di essere nettamente in anticipo sulla tabella di marcia, un po’ perché non vogliamo perderci nessuna delle band che si esibiranno da lì a poco ed un po’ perché i concerti inizieranno con un lieve ritardo, anche se l’assenza dei pisani Watzlawick (a causa di un infortunio del chitarrista) farà sì che la tabella di marcia venga rispettata in piena regola. Nonostante la premura sono ancora fuori dal locale quando i Postvorta iniziano a suonare, mi precipito dentro e vengo accolto da riff (riffoni) pesanti che fanno promettere qualcosa di buono, già sapevo a cosa sarei andato incontro. Ci troviamo davanti ad una versione ravennate dei Cult of Luna, ad una band che porta avanti in modo più che eccelso le sonorità del postmetal, avevo già letto dei riscontri positivi in merito a questo quartetto, opinioni che mi trovo di condividere totalmente.
Esco a fumare, più che soddisfatto della breve, ma intensa prova, mi soffermo sulla porta, lì a pochi metri di distanza noto un enorme Sprinter nero a passo lungo, sono arrivati i Callisto. Per un attimo ho come il sospetto che il furgone contenga delle renne, ma non voglio alimentare gli stereotipi sui popoli nordici. Impareremo che i cambi palco, questa sera, saranno velocissimi, infatti gli Amouth imbracceranno gli strumenti poco dopo, portando con sé un ulteriore rinforzo sonoro a quello proposto dai Postvorta. Potrò sembrare sbrigativo, ma la loro esibizione mi ha entusiasmato tanto quanto la precedente, stiamo ancora parlando di postmetal ed il loro “Awaken” è un album ben fatto, monolitico e profondo; come deve essere.
Qua attorno tutti bevono salmari e idromele, sono in fase di preparazione per l’esibizione dei torinesi “L’alba di Morrigan”, una band che ci porta nel vivo delle sonorità più scandinave, proponendo una variazione sul genere; forti influenze da parte dei Katatonia ed a tratti qualcosa di shoegaze. Non vi sto nemmeno a dire quanto tutto ciò mi entusiasmi, se fossi adolescente vi racconterei del perché i Katatonia sono una delle mie band preferite, ma vi risparmio lo strazio. Per gli Alba di Morrigan questa è la loro penultima data, sono reduci da un tour europeo, dove hanno suonato con Callisto, Doomraiser e Shore of Null. Salgono sul palco poco dopo il loro arrivo al Cycle, c’è chi è in tuta. Dal mio punto di vista tutto ciò è molto apprezzabile, anzi, diciamo basta con i coordinati da musicisti, da metallari e da rocker, apprezzo tantissimo chi suona in tuta, specialmente se una volta iniziato a suonare riesce a sortire solamente consensi.
Intrecci di arpeggi ed accordi di marmo mi fanno desiderare tanto un caminetto lì vicino, ed una poltrona sulla quale sedermi per godermi il concerto. Nonostante la stanchezza degli innumerevoli chilometri sulle spalle, dimostrano che “The Essence Remains“” anche dal vivo è un album di ottimo livello. Ormai perdo le speranze sul camino, il locale si sta riempiendo mentre sul palco i Callisto sistemano la strumentazione. È una formazione più che completa: due chitarre, un basso, una voce, una batteria, un nerd paffuto ai synth ed un tipico finlandese che suona uno shaker, non quello per i cocktail, bensì quella sorta di maracas meno allegra.
I Callisto sono una band che circa un decennio fa, dopo il loro album di esordio, ha inserito alla perfezione elementi postrock ed ambient, allontanandosi dai sopracitati Cult of Luna o Isis, per andare a sposare la causa portata avanti dai Mogwai. Sul palco salgono dei ragazzi maturi, non più gli adolescenti di “True Nature Unfold”, ma quelli del sospeso e dilatato “Secret Youth” l’ultimo loro lavoro di recente pubblicazione. Durante il live non c’è traccia della pesantezza dei loro inizi, tutto verte sulle loro nuove vesti, chi si aspettava un concerto metal forse ne uscirà deluso, ma nonostante ciò la mia attenzione continua ad essere catturata dal ragazzo che suona lo shaker.
Cerco di estraniare la sua figura dalla band, andandolo a ricollocare in contesti più consoni, come la celebre gag della colazione proposta in “The Benny Hill Show”, oppure di fianco ad un chiringuito su qualche spiaggia sudamericana, o in orchestrina che accompagna il contest di latino americano in qualche provincia bresciana. La sua poliedrica capacità di collocazione, ovunque lo vogliate pensare, è perfetta, resta solamente il dubbio del perché sia lì in questo momento. Torno a concentrarmi sul resto della band, che ci trasporta ed accompagna per un’ora.
Sì, forse mi sarei aspettato un vero impatto sonoro, ma se devo esser sincero la loro svolta verso lidi musicali distanti dai loro esordi è ben più piacevole. Ormai si è fatta una certa, come si suol dire. Ogni singola band è stata soddisfacente, bevo l’ultimo shot di salmari e con Joshua ci allontaniamo in cerca di un’imbarcazione che ci riporti al porto della capitale estone.
Vaghiamo un po’, incontriamo un ragazzo che per sua disgrazia doveva andare al concerto dei 99 Posse, lo aiutiamo con le indicazioni, ma Dio solo sa dove sia finito. Resta il fatto che noi siamo ancora bloccati in Finlandia, su consiglio di Filippa Lagerbäck stiamo masticando delle Daygum per mimetizzarci con la popolazione indigena. Intanto qua sta già calando il sole e sono rimasto assuefatto dal salmari e dall’ottimo “Secret Youth”.
Filippo Gualandi