Tricky è ancora vivo? Lo conobbi una ventina d’anni fa, quando esplose la sua stella, legata alla scena di Bristol, ai Massive Attack, ai Portished, all’oscuro genere trip hop che lui stesso avrebbe contribuito a creare e diffondere. Quel movimento ebbe sicuramente un periodo di gloria ed influenza, seppur circoscritta all’Inghilterra, ma ben presto si sgonfiò lasciando giusto una manciata di hit in eredità. In realtà Tricky, ormai quasi cinquantenne, non ha mai smesso di produrre musica, rimanendo perlopiù legato a quel periodo e allo stesso pubblico, oggi maturo. Il suo ultimo lavoro ‘Adrian Thaws‘ porta proprio il suo vero nome, quindi o gli è terminata la fantasia, o l’album lo rappresenta pienamente, o è una sorta di testamento finale, quindi, dato che è in concerto alla Flog, giusto per curiosità io e Necro andiamo a vedercelo.
Già, la Flog, quell’auditorium inerpicato ed incastonato fra le abitazioni fiorentine, attorno al quale si ha la stessa facilità di trovare parcheggio di un carro armato americano sull’Obersalzberg fra il 1940 ed il 1945, presso il Nido dell’Aquila di hitleriana memoria. Giriamo a vuoto in quel tetris di automobili per decine di minuti, ci ritroviamo pure in campagna, ci balena l’idea di rinunciare ed andarci a vedere gli Stormo al Next Emerson, poi invece trovo finalmente un divieto di sosta libero e ci parcheggio subito. Si è fatto tardi, speriamo di essere ricambiati per questo sbattimento.
L’affluenza sembra alta nonostante i diciotto euro del biglietto; facciamo pure una discreta coda alla biglietteria, ripagata dalla partaccia preventiva che ci rivolge l’addetta, tale Wanna Marchi, appena è il nostro turno: “Oh mi raccomando, fotografie solo durante i primi tre pezzi e senza flash, che s’incazza di brutto, d’accordo!?”. Entrando finalmente noto tanta gente vicina alla quarantina, nessun volto conosciuto del giro dei concerti in zona. Evidentemente Tricky ed il trip hop hanno lasciato un’eredità che nessuno ha raccolto, ma che ha mantenuto viva l’attenzione in chi ha smesso di ascoltare musica nuova appena ha iniziato a lavorare alle Poste, si è sposato, ha figliato e sta aspettando di morire, tentando di rivivere i momenti della giovinezza anche attraverso queste occasioni, non solo alle pizzate con la classe del liceo, a cui tra l’altro ha smesso di partecipare perché si vergogna della pancia e degli argomenti mancanti. Sono qui tutti ancora convinti che questo sia un genere innovativo, che dopo non sia venuto niente di buono, perché non hanno più ascoltato musica e soprattutto perché sono vecchi dentro. In realtà l’età media del pubblico conferma che Tricky è storia passata e che qui stasera si consumerà una specie di operazione nostalgia, un triste party senza collagene.
I The Venkmans stanno già suonando il loro indie super catchy con inserti electro, fatto di ritmiche dance, qualche scopiazzatura, diverse strizzatine d’occhio, blusotti di jeans, magliette dei Joy Division ed un vuoto cosmico. Ci becchiamo solo pochi pezzi, il che mi fa riscoprire l’ultilità di non trovare parcheggio al volo. Questa band fiorentina fa il proprio lavoro anche egregiamente, ma non fa per me.
Le anime in platea si scaldano, i mattacchioni che vent’anni fa sedevano all’ultimo banco si accendono abusivamente le sigarette, mentre i più fighi, i Dylan McKay della quinta B, si rullano una cannetta con l’erba rubata al figlio per l’occasione. D’altronde è l’ultima possibilità per far colpo su Brenda Walsh, ché negli anni ’90 Tricky andava un casino fra le tipe, così morbido e seducente… Le regalavi la cassettina con ‘Hell Is Round The Corner’ e ‘Karmacoma’ in mezzo a ‘Nothing Else Matters’ e ‘Polly’ ed era fatta.
Palco buio, illuminato da soli due faretti blu scuri, ed ecco arrivare sul palco Tricky con la sua band, che conta un batterista, un chitarrista ed una vocalist. Necro giustamente si lamenta del fatto che con quel buio è quasi impossibile fare foto senza flash ad uno che ha un coefficiente Carlo Conti altissimo, ma prontamente dal pubblico arrivano decine di flashate in faccia al cantante inglese. Bene! Le lamentele però si diffondono anche fra chi non è munito di fotocamera, infatti ci sono grossi problemi tecnici, il suono è uno schifo, i microfoni non funzionano, iniziano i fischi.
La band continua a suonare imperterrita, i fonici sono nel panico, è sicuramente il momento top della serata. Venti minuti di concerto vanno in fumo, rovinando l’attimo topico per creare l’atmosfera giusta. Poi sento un tipo dietro di me: “Ué wagliù, sono andato io dal fonico a dire come fare, ché queshti non capishcono niént’, a Napoli mica succedono queste cose”. Era Dylan che stava tentando di limonarsi un’amica di Brenda. La situazione lentamente migliora, ma è proprio l’allestimento dello show che non convince. L’approccio e gli arrangiamenti rock non funzionano, le energie sono al minimo storico, Tricky è quasi sempre di spalle e poco amichevole, canta raramente, quando si gira verso il pubblico non fa altro che mostrare gli addominali muovendosi come un idiota. La vocalist fa il grosso del lavoro, continuando a ballettare come una corista di Sanremo. Sicuramente un approccio più intimo avrebbe funzionato meglio, invece quel caldo senso di avvolgimento sonoro che mi sarei aspettato non arriva mai. Tricky si scoppia le sigarette sul palco, il pubblico non è affatto rapito, anzi, il brusio supera la musica, Donna Martin e David Silver pensano a farsi selfie ovunque, il disinteresse è generale. Tricky conclude in crescendo, ma delude pure le attese per le canzoni più celebri, rovinando il ballo di fine anno di tutti i presenti, pronti a danzare, ma sempre interrotti dall’atmosfera sbagliata che serpeggia.
Ho sempre odiato guardarmi indietro per quanto riguarda la musica, e questo concerto mi ha confermato che lo stile è legato al momento storico, che va benissimo riproporlo, ma senza voler fare i supergiovani. Tirando le somme la serata è stata un disastro, chissà com’è andata invece a Dylan, mi chiedo, finché non lo riconosco fermo in macchina sul lato della strada, su Viale Guidoni, mentre parla dal finestrino con una signorina.