La prima volta che ho sentito parlare del Casaglieri era in un film. Quattro individui in un cinema porno di una periferia toscana degli anni ‘70 (Bozzone, Buio, Cioni Mario e Gnorante) commentano l’esito di quello che stanno vedendo. “Che la tromba?” – “Sì. E la ritromba. Tre volte. Me l’ha detto il Casaglieri.” Il film che stavano guardando era “Max Il Donnaiolo”, quello che stavo guardando io era “Berlinguer Ti Voglio Bene”, dove Cioni Mario aveva le sembianze di Roberto Benigni e Bozzone quelle di Carlo Monni. Questa, nella sua essenzialità, è una definizione perfetta per l’individuo in questione: il Casaglieri è quello che sa le cose.
Di Carlo Monni, Franco Casaglieri era amico, agente, sodale, organizzatore, compagno di cene a base di Chianti e pollo fritto, confidente e molto altro. E proprio Franco Casaglieri si è imbarcato in un’avventura editoriale dedicata a Carlo Monni, a un anno e mezzo dalla sua scomparsa – ed è sicuramente il più titolato a farlo.
Davanti a un drink in un noto locale pratese, Casaglieri racconta: “Carlo non ha lasciato nulla di scritto, come Socrate, come Gesù. Non si è nemmeno mai iscritto alla SIAE, perdendo tutti quei soldi che gli sarebbero toccati per tutte le cose che ha composto, inventato, recitato.” Ed è profondamente ingiusto che questo patrimonio culturale non gli sia riconosciuto, se non da tutti quelli che l’hanno visto dal vivo, e a cui ha sollecitato risate, lacrime, pensieri e poesia. Per questo ha in mente di dare alle stampe una serie di libri dedicati all’opera di Carlo Monni”.
“Ho anche istituito una borsa di studio – aggiunge – riservata ad un paio di studenti (o meglio, studentesse) che decideranno di addentrarsi nell’opera di Carlo ristudiando e sbobinando gli spettacoli. Tanto io li ho tutti registrati, audio e video”.
Il primo dei libri dedicati a Carlo Monni ad opera di Franco Casaglieri esce in questi giorni. Si chiama “Carlo Monni infinito e imperfetto” ed è un libretto, edito per le Edition Gori, che è una sorta d’introduzione all’uomo e all’artista. Il libro è un susseguirsi di ricordi secchi, per epigrammi, di quello che significava essere Carlo Monni o avere a che fare con lui. Un racconto appassionato ed essenziale di un uomo d’altri tempi, col teatro e la terra nel sangue, che portava i sandali senza calzini anche in pieno inverno, che si lavava in mare insaponandosi sulla battigia, che amava la poesia di Shakespeare e del Cardarelli e odiava il cinema di cassetta, a cui aveva detto tante volte di no, preservandosi una purezza che in pochi della sua levatura possono vantare (e anche, conseguentemente, una non-agiatezza in termini economici, ma i soldi erano veramente l’ultimo pensiero di Carlo.)
Non mancano alcuni frammenti d’autore riportati nel libro, come il rap “A troalla”, qui interamente trascritto, o la traduzione di “Talking After A Christmas Blues”, poesia di Adrian Henri che Carlo interpretava facendola propria nei termini e nelle situazioni (“è la poesia di un ragazzo di Liverpool, non mi ricordo come si chiama”). O una sua riscrittura quasi bukowskiana di “A Madame X” di Paul Verlaine, ricordo di un amplesso ormai lontano nel tempo e intriso di passione e sensualità terrena.
Il libro si conclude con una delle poesie più amate da Carlo Monni, recitata infinite volte sulle assi del palco tra una Compilescio e una cronaca di Champs-Sur-Le-Bisance: Le vele, le vele, le vele / che schioccano e frustano al vento / che gonfia di vane sequele… Un Dino Campana che Carlo ha recitato, cantato, amato e fatto amare “come non era immaginabile” dice Casaglieri.
Un atto d’amore nei confronti di Carlo, sia nei contenuti che nei suoi retroscena: “Avevo sentito un paio di case editrici proponendogli il progetto – racconta ancora Franco Casaglieri – Sì, mi avevano detto, siamo interessati, si fa un planninghe, poi si fa l’ibukke…. Carlo all’ibukke avrebbe sicuramente detto di no. Allora me lo son fatto da solo.”
La sua distribuzione segue strade e percorsi diversi: “A cercare bene, si trova anche in diverse librerie del circondario. A cercare bene, però. La maggior parte peròviene distribuita per passaparola, da gente che ne compra da me dieci-venti copie e le regala, e quelli che lo ricevono in regalo vengono da me e me ne chiedono altre dieci o venti copie. Un si ripara. Il suo prezzo ufficiale è di cinque euro, ma io l’ho dato anche per un fiasco di vino, per un panino al lampredotto, per un pezzo di finocchiona di cinta senese… Carlo avrebbe voluto così.”
E tutti quelli che hanno conosciuto Carlo Monni ne sono assolutamente certi.