Luca Cortina se ne è andato da Prato diversi anni fa per studiare e fare teatro. Martin McDonagh è uno dei drammaturghi più talentuosi e promettenti della scena internazionale. Perm, infine, è un città industriale russa, un milione di abitanti, dove quest’anno si è tenuto il primo festival internazionale dedicato proprio al drammaturgo inglese. Luca Cortina si è aggiudicato il premio per miglior regia e la “Sarajevo Youth Theatre” cui appartiene quello per la migliore compagnia per una rilettura di “Pillowman”.
Lui la racconta così. “Lo scorso anno mi arriva l’informazione di un festival in Russia (a Perm, ex Molotov, terza città della Russia, quartier generale della Lukoil, sotto gli Urali), io invio il video dello spettacolo quasi più per provare il googledrive che per intenzione vera e propria”.
“Insomma – prosegue – due giorni dopo mi scrivono dal festival che il direttore è andato nei matti e che vuole assolutamente che andiamo, a tutti i costi. Così, benedetti i russi e la loro cultura, siamo andati, l’11 ottobre, un volo di 24 ore Skopje-Istanbul-Mosca-Perm, quattro ore di fuso orario, 25 gradi centigradi in meno dall’aeroporto di partenza a quello di arrivo, ingresso nel letto d’albergo alle 4.00 (8.00 corporali) uscita per andare in teatro ore 8.00 locali (12.00 corporali – lo so che sembra di recitare le tabelline). Arrivo in teatro, il miracolo, un teatro ricavato da una chiesa dell’800 espropriata dai comunisti, poi denazionalizzata e infine trasformata da quel genio mistico e ironico di Sergej Fedotov in un teatro con 4 scene, magazzini, falegnameria, appartamento ospiti, bar, sala stampa, uffici e chissà quant’altro visto che sale su per la cupola. Lui, il primo regista a mettere in scena McDonagh, è lo spiritus movenze, ma al festival ci lavorano una settantina di persone, con gli attori impegnati – ma questo è il nostro stile, mi spiega – anche nei lavori di realizzazione e pubblicizzazione dello spettacolo”.
“Ci sono spettacoli dalla Russia, dall’Austria, noi Bosniaci – aggiunge – dall’Inghilterra e dall’Azerbaijan, forse anche qualche altro. Appena entrato nel foyer un gruppetto di studenti viene a chiedermi l’autografo, (scusatemi ma lo dovevo dire, è la prima volta nella mia vita, qui finisce la mia vanità), una serie di salatini fine ‘800, accorrono giornalisti di mezzo mondo e io penso, che ne so che penso, ma di certo penso, forse ricordo che “tutto va come deve andare. Da quel momento sono rimasto chiuso in teatro 48 ore, abbiamo fatto insieme le scenografie (perché lì non te le devi portare, te le fanno su misura), le luci, il sound, i soprattitoli, e poi una prova, 3 interviste, un’altra prova, lo spettacolo. Già, lo spettacolo. Gremita la sala, comincia l’introduzione e leggo il soprattitolo in russo. Ma è il testo integrale, i miei tagli non ci sono”.
“Disperazione – racconta – Esco a tracannare un whisky. Rientro. I soprattitoli non ci sono più. Non esco di nuovo, perché sono arrivate altre venti persone e stanno in piedi sulle scale d’ingresso. Mi accuccio. Penso che è bello essere qui. Insomma, comunque vada dico. E che magari la prossima volta… I soprattitoli me li faccio da solo, fossero anche in coreano. Penso a quel detto macedone “vedremo a che pro tanto male” ma lo penso in italiano, e mentre mi chiedo se sia più corretto dire “a che pro” oppure “a qual pro” e pure, mi perdoni la maestra Giulia, se pro lo si scrive con l’apostrofo, allora il mio apparato uditivo, condannato all’eterno inargentato esercizio delle sue funzioni reagisce. Ride. Il pubblico, dico, non l’orecchio. Alzo la testa, ma i soprattitoli ancora non ci sono. Almeno sembra, perché adesso quelli in piedi davanti a me hanno alzato le mani, perché applaudono”.
“Comunque, alla tavola rotonda con i critici dopo lo spettacolo, si dicono cose che noi avevamo voluto mettere nel nostro spettacolo. Poi ci invitano al pub irlandese di perm per continuare la chiacchierata in maniera informale. Poi finalmente vado a letto, ma solo fino alle 10 del mattino seguente, perché mi svegliano dalla reception che ci aspettano i giornalisti. La sera c’è la cerimonia di premiazione. In concorso ci sono quattro Pillowman, tra cui il MHT di Mosca. Chi ha vinto il premio alla regia e quello alla miglior Ensemble, diventando lo spettacolo più premiato del festival – conclude – non ve lo dico”.