Nessuno sa precisamente quanti abitanti abbia in realtà questa città in questo momento, da una parte a causa della guerriglia tra le forze governative e le f.a.r.c. ( ex esercito comunista oggi coinvolto nella produzione della droga) e dall’altra a causa del bombardamento chimico delle Ande da parte delle forze anti droga americane che sta distruggendo una delle natura più belle del mondo. Per questi due motivi, si calcola che negli ultimi anni circa tre milioni di campesinos si siano spostati a Bogotà, fondando una vera e propri città senza regola alcuna dentro la città.
Così, se ufficialmente Bogotà ha undici milioni di abitanti, si stima che dovrebbero in realtà essere intorno ai quindici milioni! La capitale oscilla, con questo numero incredibile di esseri viventi che la animano, tra quartieri residenziali estremamente lussuosi come la zona rossa e la montagna che la circonda, zone medio-borghesi ed operaie, quartieri intellettuali raffinatissimi come la bellissima e ancora intatta Candelaria che risale agli inizi del 1600, e quartieri inaccessibili per quanto pericolosi che ne ricoprono più di un terzo. E comunque, la città tutta è costretta a vivere una situazione claustrofobica di continua allerta tra ronde militari, sistemi di difesa e di sicurezza ovunque e l’impossibilità a muovervisi liberamente appena scende la notte. Bene, detto questo, qualcuno potrebbe pensare: un incubo. No, Bogotà è incredibile, affascinante, colorata, piena di musica ovunque.
Arrivi, ed entri in una follia che ti trascina incessantemente. Sarà anche l’effetto dei suoi quasi tremila metri di altezza che comunque ti mettono in una condizione psico-fisica particolare per il poco ossigeno che ti arriva al cervello e cominci a girare o tutto ti comincia a girare, e il girotondo non la smette più, e che, come in una festa continua di gioia di vivere vince su tutto; sulla miseria, sulla paura, sulle difficoltà. Inoltre, girare il mondo con Magelli ed i suoi spettacoli equivale sempre a vederlo da una prospettiva particolare: tutti lo stimano profondamente e pertanto vieni immediatamente investito da un amore incredibile che rende ogni volta queste esperienze indimenticabili. Arriviamo distrutti dalla stanchezza e scioccati dal cambiamento rispetto alla Bosnia, cambiamento che non abbiamo certo avuto modo di metabolizzare nelle quattordici ore di volo. Siamo letteralmente e in tutti i sensi dall’altra parte del mondo, e per chi come me non era mai stato in Sudamerica, lo choc è doppio.
O triplo, o quadruplo, non saprei. Bogotà non mi appare come una città, ma come una incredibile allucinazione. Il teatro dove reciteremo è sulla settima strada, a un quarto d’ora dal bellissimo Hotel dove il Festival ci ha alloggiati. Camminiamo queste poche centinaia di metri e non smettiamo di stupirci. Tutti ballano. Bianchi, neri, indios. Tutti vendono qualcosa. Una pazzia che non può non coinvolgerti. Arriviamo. Teatro Municipale Gaitan.
Biglietti venduti come comunicato dalla direttrice, la signora Adele Donadio, 3924. C’è da stupirsi, ma non troppo se si conosce il legame tra Magelli e la storia del Festival Ibero Americano. Vi è stato presente per ben otto spettacoli negli ultimi anni, provenienti da differenti Paesi europei e ha lavorato come regista in Colombia, In Messico, in Venezuela, in Cile… Come a Sarajevo si ripete la storia: tv, interviste, grande attesa. Noi più di prima impauriti e felici, abbiamo solo il desiderio di restituire indietro un pò dell’amore che ci arriva potente e di fare un ottimo spettacolo. Hotel Belvedere di O. V. Horvat, regia Paolo Magelli dal 9 all’ 11 Ottobre 2014. Qua, adesso, Il teatro italiano siamo noi, e vorremmo tanto far sentire la forza e la passione del nostro lavoro. Debuttiamo in un teatro enorme, la scena è quasi il doppio della nostra originaria. In platea 1400 spettatori. La testa gira per l’altezza ma non solo ed alla prima siamo veramente molto tesi. Poi mettiamo piede in scena e la magia di nuovo si ripete. Con una emozionalità di natura opposta rispetto a quella instaurata a Sarajevo tra noi e il pubblico bosniaco. Ma ugualmente potente.
Qui partecipano talmente che i primi dieci minuti in scena avevo la netta sensazione di essere portata avanti da loro. Risate, silenzi solenni, un esserci che diventa materia. Ah, sud America, sud America, cantando dichiarava il suo amore Paolo Conte. E adesso mi sembra di poterlo capire fino in fondo.
Non puoi che dichiararti perdutamente innamorata, alzare le braccia abbassare le difese, lasciarti trasportare e entrare nella rumba. L’entusiasmo del pubblico per il nostro lavoro si ripete ogni sera per tutte e tre le repliche. Ed è ancora più significativo se si pensa che è un pubblico estremamente esigente, abituato a vedere tantissimo buon teatro proveniente da tutto il mondo. E quando parliamo di Cultura e Teatro a Bogotà è bene forse averne una percezione precisa: più di 124 Teatri di Produzione tra danza, musica e prosa divisi tra municipali, statali e misti privato- pubblico. La città finanzia anche innumerevoli spazi off. Ha contribuito a sensibilizzare la classe politica verso il finanziamento del lavoro teatrale una leggendaria attrice scomparsa quattro anni fa: Funny Mickey.Funny, affiancata dall’attuale direttrice dei teatri municipali ( tra i quali spicca per la sua unicità architettonica e storica il Teatro Faenza, oggi in ristrutturazione, costruito nei primi del ‘900 dall’allora collettività faentina presente a Bogotà per commerciare in legname…) è stata fondatrice mente e cuore di uno dei festival più belli di teatro del Sudamerica, portando in Colombia teatro da tutto il mondo per anni e anni. L’attuale direttrice dei teatri municipli, Adela Donadio, decide di esprimere tutto il suo entusiasmo per poter nuovamente ospitare un lavoro di Magelli organizzando una festa nella sua abitazione che ha dell’incredibile. Tutto il teatro di bogotà è corso ad abbracciarlo dopo tanto tempo: attrici straordinarie come An Maria Vallejo, rosario, Bruni, fotografi d’arte, storici direttori di scena, amici cari. La festa impazza e raggiunge il culmine con l’arrivo di un gruppo di Mariachi ingaggiato da Adela per una serenata d’amore a Magelli. e via a piangere, ridere, ballare,non credere nè ai propri occhi, nè alle proprie orecchie.
Dove il puro, angelico e focoso amore di questa gente può arrivare! Libertà qua è essere se stessi fino in fondo. e così sono stati giorni di lavoro e musica. La salsa ti entra nelle gambe. E le gambe mi hanno portata ballando la sera del sabato dopo la seconda replica in un meraviglioso locale che non dimenticherò, dove il fine settimana tutti si scatenano al ritmo di musiche a cui non si può resistere. Locali angusti, affascinanti, mojto e ron ( rum) e tutti a ballare ovunque, tra i tavoli, su uno scalino, in pochi centimetri quadrati. e dove piccole band di musicisti di altissimo livello ti alzano di peso dalla sedia e mettono musica nei tuoi piedi.
Le trombe gridano, tutto è morbido e sensual. Davvero basta poco per essere felici. La musica è nei ragazzini che ballano come tanti piccoli Michael Jackson sulle strade, è anche nel silenzio, la musica. E’ nel colore e nel sapore dei frutti esotici enormi e gustosi che sono ovunque. Spremute, macedonie, frullati, vengono offerti ad ogni angolo. Anche la miseria, che è tangibile per le strade, sembra avere qua una sorta di allegra disperazione. Ecco, questa è Bogota’: disperatamente allegra. E in questa allegrezza ti ci perdi e ti spingi là, fin dove non dovresti. Così, un giorno che decidi di fare delle foto da spedire a Pratosfera che siano significative delle tante incredibili contraddizioni e delle diverse culture presenti a Bogotà in rapporto meravigliosamente dialettico tra loro ( la cultura del Pacifico, la cultura dell’Atlantico e la cultura Andina che si butta a capofitto fin nell’Amazzonia); fotografi una india centenaria che vive in strada e trucca di colori impossibili il vecchio viso ancora infantile e che gioisce quando le chiedi di poterla fotografare e poi le mostri la propria immagine, e accade che poco dopo ti venga sfilato sapientemente il cellulare praticamente dalle mani, che scompaia si potrebbe dire, e che tutto vada perduto : la memoria degli ultimi viaggi, gli ultimi due anni di vita. E accade che in fondo tutto questo non ti dispiaccia affatto e non ti faccia disperare, a Bogotà. Qui hai la sensazione che il destino esista, che gli eventi possano acquisire significati diversi da quelli apparenti, che in fondo l’anima della india non possa essere fissata e rubata da un’immagine , e che gli spiriti e le forze della natura, qua ancora potenti malgrado che di questa città non se ne veda la fine, ti stiano mandando segnali chiari. Che vogliano dire: ricominciare da zero, da quello che siamo, non da quello che appariamo? Mah, mi piace pensarla in questo modo.
Rientriamo. Sto scrivendo dall’aereo. Su un taccuino stile Hemingway. E’ più bello così.