“Il centro storico è in una grande situazione di degrado per colpa degli immigrati”: lo diceva Alberto Magnolfi sulle pagine de La Nazione nel dicembre del 1976. “Lavorano ininterrottamente, dormono dove lavorano, senza regole, sette giorni su sette, marito, moglie e figli: si autosfruttano”: così venivano descritte le fabbriche pratesi sulle pagine di Le Monde e New York Times del 1979 e 1980.
Sono solo due degli esempi estrapolati dagli appunti di storia pratese che si possono trovare nel nuovo libro di Riccardo Cammelli “Tra i panni di rosso tinti”, un accurato lavoro di ricerca di un periodo storico che va dal 1970 al 1992, due decenni in cui la città di Prato raggiunse il punto più alto della sua forza economica per poi imboccare, prima in modo inaspettato e poi consapevole, la strada del suo declino.
Venti anni raccontati attraverso le pagine dei giornali, commentati con le stesse parole dei protagonisti politici ed economici di Prato del periodo. Un’analisi divisa in tre capitoli: lo sviluppo economico, l’urbanistica ed i partiti protagonisti della politica cittadina (Pci, Dc e Psi).
Il sistema economico Prato
“Nel libro inizia e finisce un ciclo – racconta Cammelli – nascita, sviluppo, declino e morte del tessile a Prato, del ‘modello di lavoro pratese’, dove gli addetti coinvolti in città erano oltre 70mila, contro i 15mila di oggi, interpretando il dibattito di quel periodo, senza aggiungere molto”. Una crisi che ha bussato alle porte dei pratesi già ad inizio anni ’80 e le cui conseguenze arrivano fino ai nostri giorni.
La colpa di chi è stata? “Del mondo che cambiava le strategie di mercato e non rispettava più le regole del gioco pratese” risponde Cammelli. Ed ecco che le pagine di “Tra i panni di rosso tinti” raccontano l’idea che c’era di Prato fuori dalla città, l’immagine che aveva questo piccolo paese diventato in qualche anno una vera potenza economica in campo tessile. Uno sviluppo economico che non è stato guidato da nessuno in maniera forte, né da associazioni di categoria né dal Comune e dove, in certi periodi, non si capiva bene nemmeno chi lo dovesse guidare.
Una potenza economica basata sul lavoro nero, prezzi ridotti all’osso, condizioni igienico sanitarie disastrose. Una crisi che viene denunciata già nel 1984 con lo slogan “Prato non deve chiudere”: “già in quegli anni si chiedeva al governo una mano per il distretto tessile pratese” ammette Cammelli. Ed ecco che dentro alle pieghe della crisi arriva la Cina a Prato: già ad inizio anni ’80 le realtà locali, politiche ed economiche, volevano dialogare con la Cina. Nel dicembre del 1978 alla Camera di Commercio di Prato si apre un tavolo per cercare strade di collaborazione con l’economia cinese, a quei tempi in fase di sviluppo.
“Nel libro si capisce quanto i pratesi erano desiderosi di portare ‘il sistema pratese’ in Cina e quanto poi si siano sbagliati, con il senno di poi” continua Cammelli. Pagine che raccontano anche, dati alla mano, una Prato che non esiste più: “le aziende ancora aperte dagli anni 60 sono solo il 15% rispetto a quelle che c’erano – spiega Cammelli – Questo perché nessun figlio e nipote ha voluto rilevare l’azienda del nonno, non volendo fare quella fine: se questo si somma alla reale fine del cardato e ad altre vicissitudini di quegli anni, come ad esempio la mafia del tessile con infiltrazioni mafiose che arrivavano dalla Sicilia a fine anni ’80, si capisce bene che oggi, con molta tranquillità si possa affermare che il tessile è morto in città e chi non lo vuole ancora ammette, cavalca il mito dei ricordi che tutti i pratesi hanno in testa”.
Lo sviluppo urbanistico a Prato
Un altro ampio capitolo è dedicato al “vestito” della città: lo sviluppo urbanistico. Qui si parte dal piano “Sozzi-Somigli” presentato nel ’75, poi approvato nel 1981. I punti principali erano due: “i pratesi non dovevano più dormire dove lavoravano – sorride Cammelli – e si dovevano portare le fabbriche fuori dal centro storico della città”. E, ancora, in questo periodo lungo 20 anni i temi principali della discussione cittadino sono: l’interporto, l’inceneritore, l’aeroporto di Peretola. “Eravamo un paesone che voleva smarcarsi da Firenze e, a leggere oggi le testimonianze sul dibattito per l’ampliamento di Peretola di quegli anni, sembra che la storia non sia mai andata avanti”. chiosa Riccardo Cammelli.
I Partiti
Ultimo capitolo lasciato ai personaggi che hanno fatto la storia della città e dei partiti che sono stati in consiglio comunale durante quegli anni. La Democrazia Cristiana e il ruolo di opposizione, analizzando l’influenza culturale e sociale di Silvano Bambagioni. I Socialisti “cruccio e delizia dei comunisti. – racconta Riccardo Cammelli – Nel libro dico che in quegli anni “andavano a braccetto sgomitando”. Ed infine il Partito Comunista italiano, il partito di governo, tutti i personaggi pre e post lo storico “congresso di Coiano” del 1983, dove la vecchia classe dirigente viene messa da parte per far spazio a coloro che poi avrebbero preso le redini del governo cittadino per i 20 anni successivi.
“La mia è solo un’interpretazione – conclude Cammelli – un invito a fare ricerca, a incuriosirsi: non ho scritto un epilogo, anzi. Basta questa breve presentazione per far capire come in questa città si discuta sempre delle solite questioni e di come la storia sia ciclica. Sono partito da un’esigenza mia, volevo colmare un vuoto e rimettere in fila la storia di quegli anni: vorrei che sfogliando le pagine del mio libro si riuscisse poi con più coscienza a capire da dove veniamo, quali strade abbiamo percorso negli anni, quali invece ci annebbiano la vista ancora oggi e quindi provare a costruire un futuro per questa città”.
“Tra i panni di rosso tinti” si trova alla Feltrinelli di Prato. E presto in altre librerie della città.
Foto: “Alcali dal Bisenzio anni ’70 – PaneraiGroup