Anche Prato avrà una nuova associazione di parkour dal prossimo settembre. Forse è capitato a molti di incontrare in alcuni luoghi della città, come ad esempio l’anfiteatro dei giardini di Santa Lucia o in piazza dell’università persone che si cimentano in “salti acrobatici” da un muro all’altro. Sono i cosiddetti “traceur” (tracciatori), atleti che fanno parkour, una disciplina attualmente ancora non riconosciuta, nata in Francia agli inizi degli anni 90. Abbiamo incontrato ed intervistato Umberto Ianelli, uno degli organizzatori del gruppo parkour pratese, che si occupa della formazione dei nuovi talenti della zona e pratica la disciplina da otto anni.
Come hai iniziato a fare parkour? E come sei venuto a conoscenza della disciplina?
Partendo dal presupposto che io sono sempre stato per gli sport un po’ particolari: una volta ho visto un video di ragazzi che praticavano parkour, mi sono incuriosito, mi sono informato e ho scoperto che a Prato esisteva la prima associazione nata in Italia di parkour (APKI, Associazione Parkour Italiana), mi sono unito a loro e ho iniziato a praticare. Ora sono otto anni che pratico il parkour.
Vedendo tutti i movimenti che fate sui muri viene spontanea una domanda: è legale tutto ciò? C’è bisogno di un certo tipo di permesso?
È una storia un po’ lunga, diciamo che quando abbiamo iniziato non era né legale né riconosciuto da nessuno. Adesso dopo anni di pratica e di persone che ci vedono e ci conoscono è decisamente aumentata la tolleranza nei nostri confronti. C’è anche da dire che adesso il parkour sta iniziando ad essere riconosciuto dalla città e i suoi abitanti ed è stato anche preso in considerazione dalla UISP (Unione Italiana Sport Per Tutti) che sta organizzando dei corsi appropriati per riconoscere degli istruttori di parkour.
Hai detto che esisteva l’APKI, un’associazione. Perché non esiste più? Ne nascerà una nuova?
I ragazzi che fondarono l’APKI hanno deciso di chiuderla: verrà però aperta una nuova associazione a settembre per la quale io sto praticando il corso UISP che ho quasi completato. In più ho frequentato il corso di Parkour Generation, l’unica associazione (residente a Londra e che conta un gran numero di traceur di fama mondiale) attualmente in grado di rilasciare il certificato di istruttore di parkour con valenza mondiale.
Quali sono le fasce d’età interessate? A che età si può cominciare a fare parkour?
Si può cominciare a praticare parkour dagli otto anni e si arriva fino agli ottant’anni, basta aver voglia di muoversi. Naturalmente c’è un metodo di allenamento per i bambini e un altro per i ragazzi più grandi. Io ho cominciato a trentotto anni e adesso sono otto anni che pratico.
Si parte dall’adattamento fisico e l’apprendimento delle tecniche base. Solo così si può proseguire in tutto ciò che concerne il parkour. La preparazione fisica non è diversa per nuovi praticanti e allievi più anziani. Col gruppo pratese ci alleniamo dalle 3 alle 5 volte alla settimana. Durante una normale sessione di allenamento viene eseguita una fase di riscaldamento e potenziamento che dura intorno ai 45 minuti, si passa poi ad una fase di tecnica dove si affinano e si studiano i vari movimenti.
Quali sono i principi base del parkour?
I pilastri fondamentali della disciplina sono tre: forza, tocco e spirito. Tali sono le basi stesse del parkour. Per “forza” si intende sia quella fisica che quella mentale, infatti il corpo deve essere forte in quanto bisogna essere in grado di superare gli ostacoli agilmente e di assorbire gli impatti in modo adeguato. Bisogna anche essere forti mentalmente, solo così si possono affrontare i percorsi o le altezze e migliorare nella disciplina. “Tocco” inteso come equilibrio, come controllo e consapevolezza del proprio corpo. Infine, per “spirito” si intende la forza di volontà necessaria per andare avanti e rispetto della propria persona e degli altri dentro e fuori dal gruppo. Il principio base poi è “essere per durare” ossia non cimentarsi necessariamente in salti esagerati per stupire se stessi e gli altri, ma intraprendere un percorso lungo e duraturo volto a creare la facoltà di compiere certe azioni.
E’ pericoloso?
Ti rigiro la domanda: è pericoloso quello che fanno gli altri? Tutte le discipline hanno un punto di pericolosità. Effettivamente la nostra si avvicina di più ad uno sport estremo ed è più facile farsi male ma gli allievi di contro imparano a riconoscere i propri limiti e quando eseguono una tecnica pensano a ciò che fanno. Nei praticanti c’è la consapevolezza del rischio.
Quali sono i posti che più frequentate a Prato?
Esistono dei luoghi chiamati “spot” dove tendenzialmente ci alleniamo, essi sono i più idonei alla disciplina. Per citarne alcuni abbiamo: Piazza dell’Università, la stazione di Borgonuovo, le scuole Collodi, l’Ippodromo, l’attraversamento di sassi sul bisenzio, i giardini davanti all’Esselunga sul Viale Galilei, in giro per Prato insomma.
Cosa ne pensa la gente del parkour?
Bella domanda. Chi ha capito cos’è la disciplina adesso ci rispetta, ci saluta, ci tratta bene. Chi invece è “ignorante” purtroppo ha dei pregiudizi e sparla di noi che fondamentalmente ci alleniamo e basta. Una volta un signore chiamò pure i carabinieri, ma non successe nulla, dato che eravamo soltanto ad allenarci e non facevamo niente di male. Le persone pensano che noi trattiamo male i luoghi in cui ci alleniamo quando invece la realtà è l’estremo opposto perché noi diamo il massimo rispetto agli spazi in cui ci alleniamo, a volte ci ritroviamo addirittura a spazzare. Per noi gli spazi sono una palestra all’aperto e proprio per questo li rispettiamo.
Ci sono progetti in ponte per la nuova associazione?
Idee ce ne sono tante, ma finché non ci sarà l’associazione non si potrà fare nulla di particolare. Comunque ho parlato con degli assessori per organizzare eventi a giro per Prato non appena ne avremo la possibilità. Continueremo inoltre a fare varie manifestazioni per enti privati, ad esempio recentemente ci siamo esibiti al Parco Prato. Diciamo quindi che ci sono in ponte molte idee. Per chi volesse partecipare o avvicinarsi alla disciplina può rivolgersi alla sezione UISP di Prato che potrà fornire il mio numero di telefono, sennò siamo disponibili su facebook sulla pagina “Parkour Prato Pistoia Firenze”.
Cosa prevedi per il futuro della disciplina?
Credo che i cambiamenti nella nostra città ci saranno. Da altre parti sono già molto più avanti di noi in quanto la disciplina ha già iniziato a diventare parte del tessuto sociale. In molti comuni le associazioni UISP e le stesse giunte si sono adoperate per la creazione di palestre all’aperto. Poi il parkour unisce le persone molto di più rispetto ad un qualsiasi altro sport, secondo me. In uno sport normale si condivide la disciplina, la vittoria, nel parkour invece il legame che si crea è un qualcosa di più profondo in quanto si condividono le paure che ti trovi ad affrontare man mano che avanzi nel percorso, possono essere paura di fare un salto oppure la paura dell’altezza. Queste cose le condividi con tutti quelli che si allenano con te, di tutte le . C’è quindi sempre molto rispetto, ad esempio tra ragazzi di nazionalità diversa, cosa che fuori da quel contesto vedo poco: pensa che i primi due ragazzi a cui ho fatto da insegnante erano un tunisino ed un albanese. Speriamo quindi che la disciplina sia sempre più apprezzata dalle persone, si abbattano i pregiudizi nei confronti del parkour e si riesca ad organizzare grandi cose.
Alessandro Puca