Capita di trovarsi a 37 anni suonati al concerto dell’artista che ascolta da quando ne ha 15. Ventidue anni di militanza senza mai averlo visto dal vivo. Ventidue anni di alti e bassi, come nei grandi amori, quelli che poi quando maturi sai perfettamente che ci invecchierai. Le storie lunghe, le storie vere. Luciano Ligabue. Ecco cosa ho visto, riassunto in pochi e semplici punti.
AVVICINAMENTO: ovviamente in scooter. Diverso l’approccio del percorso verso lo stadio Artemio Franchi rispetto ad un avvicinamento da partita della Fiorentina: i guidatori sono molto più educati, quasi hanno paura a viaggiare nella corsia opposta per sorpassare o prendere preferenziali. Ci sono molte auto e si trova in ogni caso parcheggio. Passeggiata, sosta al bar Marisa, con pochissime birre consumate e molti prosecchini sfondastomaco ,aspri come le parole delle signorine incolonnate in macchina che chiedevano solo di tornare a casa. Del resto il Bar Marisa è famoso per sbocciare prosecchi millesimati da 500 euro.
CODA: per entrare, ovviamente. Dopo il rito dei tappi dalle bottigliette (che poi non si capisce mai perché), con sommo sbigottimento gli avventori scoprono cosa è il TORNELLO. “C’è uguale nella metropolitana a Londra, l’ho visto in viaggio di nozze” sento sussurrare. Probabilmente l’avventore è stato in viaggio di nozze in un carcere della Guinea Francese. Altro grandioso commento ascoltato in coda, nel punto dove mi approccio inizialmente al fantastico pubblico del Liga, è uno fatto da una parrucchiera nel quale si chiedeva delucidazioni sul cognome di un artista “Bob qualcosa…” che una sua cliente andava a vedere fino negli Stati Uniti. Si scopre dopo una discussione fra un gruppetto di persone che il signore faceva di cognome Dylan. Lo sapesse Luciano Ligabue che non conosci Dylan, cara parrucchiera, ci rimarrebbe male.
INGRESSO: Subito si fa lo screening del pubblico. Maggioranza femminile 25-45 , classici gruppi “con le mi amiche, siamo sempre andate insieme”, non molte coppie. C’è da dire che il sottoscritto ha scelto il “prato”, cosa che la maggioranza dei spettatori non ha fatto perché fra signorine nane che poi non vedono, paure di bagnarsi, culi che pesano e mariti scoglionati, alla fine il Franchi risulta pieno solo sugli spalti.
Ci sono i fan storici (intravista signora con maglietta del tour di “Lambrusco, coltelli, rose e popcorn”), ci sono i nuovi , ci sono quelli che forse hanno sbagliato concerto (vedi foto, fan dei Joy Division confuso o un fan degli Oasis perduto). Magliette di altri gruppi, poca roba: giusto un Johnny Cash (quella col dito tanto per cambiare), qualche Bruce Springsteen ed una improbabile Depeche Mode. Diciamo che Abercrombie & Fitch fa da padrone. L’aria che si respira è veramente da riviera romagnola. Un mercoledì di agosto all’aperitivo del Bagno Renata di Cesenatico in definitiva: aria vera, aria buona, aria semplice.
DJ SET: in apertura un dj set rock. Onestamente, con un passato da dj rock, posso asserire che la selezione è migliore di quella della maggioranza delle serate fiorentine. Pezzi buoni, conosciuti, senza tanti fronzoli di sottogeneri e velleità inutili. Truzza? Si, ma insomma. Radiohead ed il Boss non sono truzzi, tipo.
MERCH: brutto come una vetrina di Piazza Italia a Bitonto. Unica cosa giusta è la fascia reggiseno/costume per le signorine. Che ovviamente la indossano direttamente li, senza tanti problemi, per la gioia della minoranza maschia.
Strano non sia intervenuta la Boldrini per denunciare un simile scempio.
LO SPETTACOLO: Luciano non è più il rocker del 1987. E’ un signore generoso che sorride e canta bene. Lo spettacolo è comunque tirato, il palco mastodontico, flash dei fan, pezzi urlati, filmati inutili fatti con lo smartphone. Il pubblico del Liga, essendo più pane e vino, non ama IPhone ma preferisce dei bei padelloni della Samsung con i quali riprende il buio per due ore. La scaletta è buona, si alternano pezzi nuovi a pezzi vecchissimi (“Ho messo via”, urca). Tanta generosità e buoni sentimenti.
In ogni caso, come ho sempre sostenuto, il rock in Italia è questo. Con tutto il rispetto per le sperimentazioni, il Liga è il nostro Boss, prendiamone atto e vogliamogli bene, che se lo merita.
Rock e buoni sentimenti, sudore e amore.