Con tre goal l’Olanda sconfigge nettamente un Brasile, ormai svuotato mentalmente e rimaneggiato nella formazione da parte di Scolari che anche stavolta è stato incapace di trovare il bandolo della matassa, già sotto per due a zero già prima della metà del primo tempo.
Va detto a onore del vero che il primo goal di Van Persie è venuto da un rigore per fallo su Robben iniziato assai prima del limite dell’area e che il secondo goal, di Blind, è stato viziato dal fuorigioco. Ma ciò che ha impressionato è stata la totale incapacità del Brasile di reagire, senza riuscire a tirare in porta nell’arco dei novanta minuti, rendendo inutile la sterile padronanza del possesso palla, del secondo tempo, finendo per prendere anche la terza rete, stavolta pulita, da parte di Wijnaldum. Brasile che era chiamato a una prova di orgoglio, dopo l’umiliazione più pesante della sua storia e che invece ha rimediato una nuova figuraccia, in maniera tanto mesta da far quasi rimpiangere l’epica drammatica della goleada tedesca.
Hai voglia a dire l’uscita di scena di Neymar, anche stasera due dei tre goal subiti dalla Seleçao parevano la fotocopia delle sette reti subite dalla Germania. Un giocatore sulla fascia mette la palla al centro per l’arrivo dell’olandese di turno che la mette dentro a centro area, totalmente smarcato, come fosse la cosa più facile del mondo. A dimostrazione del fatto che questo che abbiamo visto è sicuramente il Brasile più sopravvalutato degli ultimi decenni. Molto più di quello del 1994 che perlomeno aveva due attaccanti come Romario e Bebeto. Tanto da rendere legittima la domanda: ma siamo sicuri che questo sia davvero il Brasile?
Si segnala uno striscione apparso nello stadio Mané Garrincha di Brasilia: “Barbosa- 1950, finalmente ti lasceranno riposare in pace” alludendo alla drammatica sorte del portiere (di cui abbiamo a più riprese parlato) distrutto come uomo e come calciatore per l’unico errore della sua vita, che sancì la leggendaria sconfitta in finale con l’Uruguay.
E’ comunque inutile mettere il coltello nella piaga di una formazione che è sembrata scendere in campo, a dispetto del pubblico commovente che l’ha sostenuta dall’inizio alla fine, totalmente svuotata mentalmente e fisicamente. La vittoria olandese, pur agevolata dall’arbitraggio è apparsa giusta, non tanto per numeri particolari (Van Persie e Robben dopo l’avvio devastante si sono spenti nel proseguo del torneo), quanto per l’essere scesa in campo, lasciando in panchina Sneijder (il vero cervello della squadra), come una squadra razionale e motivata a portare a casa un risultato comunque prestigioso. Un secondo e un terzo posto in due mondiali non sono da buttar via per una squadra storicamente incapace di vincere il mondiale.
Un plauso doveroso a un tecnico sino ad oggi antipatico e arrogante, come Louis Van Gaal, che è sceso in panchina per l’ultima volta con gli orange, prima di volare alla corte del Manchester United, che in questo torneo ha dimostrato tutta la sua sagacia tattica e, udite udite, anche umanità, elemento di cui solitamente difettava.
L’aver fatto scendere in campo il terzo portiere Vorm, al posto di Cillesen che si sedeva un po’ ovunque, (tanto contro il Brasile sceso in campo sarebbe andato bene anche Pippo o Paperoga) seppure nei minuti di recupero, facendolo debuttare a 31 anni suonati in nazionale, è la testimonianza di un gruppo unito e solido, da lasciare in eredità a una vecchia volpe come Hiddink, già individuato come suo successore, che saprà sicuramente fare altrettanto bene.