Venerdì 23 maggio 2014. Prato. Piazza del Duomo. Ore 17:40: “Oh Giovanni muoviti, e te lo dico io, Renzi arriva in anticipo. Sbrighiamoci o si resta troppo in fondo”. “Macché, vien via Alfredo, arriva puntuale, alle 18 come da programma, è uno preciso lui. No Mario? Te come la pensi, come me o come Giovanni?”. “Mah, secondo me sbagliate tutti e due: Renzi ritarda, come le spose”.
E ha ragione Mario. In bianco come le spose, il presidente del consiglio Matteo Renzi entra in una gremita piazza del Duomo alle 19, accolto però da applausi e bandiere. Dietro di lui, fiero, l’omonimo Biffoni, in giacca bluette e gelatina, che con sorridente impazienza lo scorta fino al palco fra le strette di mano dei sostenitori assiepati alle transenne. Laboriosi e tronfi, fra il pubblico e i politici, una marea di giornalisti: un centinaio quelli accreditati.
Un presidente del consiglio a Prato è un evento e la città risponde con entusiasmo. Ma ad aprire le danze, inneggiando a una nuova Prato, senza paura, che aggredisce il futuro e torna a parlare all’Europa, è Matteo… quello bello (come il premier ha definito Biffoni, giocando appunto sull’omonimia e definendosi invece il Matteo che vocia). “La nostra campagna elettorale è nata per dare la possibilità a un futuro diverso, tutt’altra cosa dal centrodestra che ripropone progetti e idee del 2009, promesse che in cinque anni non è riuscito per niente a realizzare”. Ha entusiasmo nella voce Matteo… quello di Prato… che questa tournee elettorale ha reso disinvolto oratore. È con un “grazie caro” che infatti risponde, con malcelato imbarazzo, a chi dalla platea gli urla: “Grande Matte!”. Un ritornello, questo, che accompagna l’intero comizio, dando il là al presidente del consiglio e al candidato sindaco per ulteriori gag sull’omonimia.
“Aver Matteo …di Firenze… qui, oggi, significa che Prato conta, non solo perché ha 190mila abitanti, ma perché è una grande realtà europea che affronta le stesse sfide di qualsiasi grande citta d’Europa. Con noi, Prato è tornata al centro delle politiche nazionali. Dimostriamo che con il coraggio c’è la possibilità di cambiare”.
Quindi la palla passa al Matteo che vocia, il quale, con la disinvoltura di uno che intrattiene gli amici al bar, inizia a interagire con la gente, inanellando battute e argomenti seri, e sorridendo a chi gli urla… “Matteo il matto, altro che…”.
E giù a ruota libera con: “Bisogna aggredire il futuro…”, “Prato è l’emblema della sfida elettorale”… e quando qualcuno lancia l’annosa questione della pista di Peretola, improvvisa un dribbling degno del migliore Cuadrado: “Matteo… questo qui… me l’aveva preannunciato… vedrai che a metà discorso qualcuno tirerà fuori l’argomento Peretola. E aveva ragione, oh. Eccoci, un po’ prima del previsto, ma eccoci. Oh ragazzi, ricordatevi che il sindaco non è l’amministratore delegato dell’aeroporto”, e cambia discorso, senza rispondere.
Quindi incalza sul voto di domenica: “Votatelo subito Matteo, che al secondo turno vien fuori gentaccia. E poi così si risparmia… fa bene anche alla spending review”. E a proposito di battute non manca il riferimento a Beppe Grillo: “Dobbiamo vincere per affermare con forza che la politica non è una gara di vaffanculo. Non si vince con la paura, evocando il terrore. Bisogna andare incontro agli altri guardandosi negli occhi”. E mentre Matteo… quello con la giacca bluette… gongola, con occhi luccicanti, nell’ascoltare il suo mentore – il quale non manca ogni tanto di toccargli la spalla e coinvolgerlo gestualmente negli argomenti – Matteo… quello con la camicia bianca… dà il meglio di sé.
“Solo un sindaco sa cosa significa vivere la politica concretamente. E quando la si fa così la politica, non si sopportano gli insulti”. Quindi un riferimento dovuto – visto che oggi è il 23 maggio, giorno dell’anniversario della strage mafiosa di Capaci, in cui morirono Giovanni Falcone, sua moglie e gli agenti della scorta – all’importanza della legalità e al fatto che il Pd rigetti ogni lezione in materia, “specialmente impartita da chi come Grillo è andato in Sicilia negando l’esistenza della mafia”.
“Ed è dalla scuola che parte la lotta all’illegalità”. Parola di Matteo… quello di Palazzo Chigi, che è convinto che un sindaco possa dirsi felice di chiudere un mandato solo se ha raddoppiato il numero delle biblioteche e il numero dei bambini che si emozionano a prendere in mano un libro.
Ma il tema dell’illegalità dà a Matteo… il premier… il là anche per la questione cinese. “La legalità la si otterrà facendo rispettare a tutti le regole. O si interviene chiudendo realtà inumane… o non si va da nessuna parte. Chiudere gli occhi di fronte ai morti no!”. E qui la platea, che già è accaldata dal sole cocente che resiste nonostante l’ora tarda, si accende addirittura. Un rigore a porta vuota, insomma, altro che… Pepito Rossi. E al calcio… storico fiorentino però, o meglio ai suoi calcianti, Matteo Renzi si appella per far azzittire un uomo che continua a interromperlo con slogan sull’ecologia e sulle energie pulite, temi interessantissimi ma che a Matteo… quello che vocia… non va di approfondire.
Quindi via con gli slogan; “Votatelo, ma ricordate che non vi salva Matteo. Nessun uomo da solo vi salverà. Ci si salva tutti insieme. Son vent’anni che ci dicono che un qualcuno dai poteri taumaturgici sta per salvarci! Ma se vogliamo cambiar le cose o ci si mette tutti in gioco o si muore. Prato è di chi la vive. Non è solo di Biffoni”. Poi, precisando che da fiorentinaccio gli è pesato molto ammetterlo, aggiunge: “Prato ci ha insegnato cos’è la laboriosità, l’essere operativi, aver voglia di fare. Quanta passione e bellezza c è qui. Riprendiamoci Prato. E per farlo, prendete il telefono e contattate tutti quelli che hanno votato destra l’altra volta: solo con loro Prato potrà tornare a sperare”. THE END…
Ah, no, dimenticavo… dietro ai due protagonisti, per l’intera ora, sono rimasti – mute e immobili comparse – i candidati del Pd all’Unione Europea, solo saltuariamente rammentati dai Matteo. Il primo della fila, a partire da sinistra, era però il presidente della regione Toscana Rossi, non rammentato, nemmeno saltuariamente, dai Matteo.
Foto di Valentina Ceccatelli.