Quella mattina a Piero gli girava i coglioni di pe’ ridere. Perché quella era l’alba del suo ultimo giorno di lavoro; il vialone davanti casa era bello, lo vedeva che era bello: però c’aveva una voglia di bestemmiare tirava in terra.
C’era da movessi, però: che vuoi fa’ tardi l’ultimo giorno di lavoro?
Una storia che conosciamo in tanti, perché è una storia tutta pratese. L’ultimo giorno di lavoro di Piero Franchi, titolare della “Premiata Filatura F.P.”, titolo dello spettacolo che hanno realizzato il drammaturgo e attore Riccardo Goretti ed il cantautore e musicista Andrea Franchi, figlio di Piero, protagonista dello spettacolo.
Tra prosa e canzone, si racconta l’ultima giornata di un filatore pratese, realmente esistito, come la sua filatura costretta a chiudere: dal sorgere del sole, a quando la sera torna a letto. Nel mezzo le riflessioni che porta con sè la consapevolezza che la mattina seguente non si riaprirà la ditta dove ha lavorato una vita intera.
La genesi dello spettacolo. L’incontro tra i due artisti è nato per caso: “Andrea è rimasto molto incuriosito dal mio modo di lavorare – racconta Goretti – specialmente dal mio ultimo spettacolo ‘Essere Emanuele Miriati’, dove si racconta le vicissitudini di questo ragazzo, attraverso le parole che lui stesso e alcune persone a lui vicine hanno detto a me, senza aggiungere commenti o cose scritte di mano mia. Mi disse ‘io forse ce l’ho un altro personaggio che ti può raccontare un sacco di storie: il mio babbo’. Ci siamo trovati una sera a cena coi genitori Franchi, e abbiamo capito che di materiale ce n’era abbastanza”. Ad Andrea Franchi il compito di scrivere alcune canzoni che intervallassero le varie fasi della giornata all’interno della storia del suo babbo: “questo spettacolo mi ha costretto a rapportarmi in musica con tematiche personali che non avevo mai affrontato. Mio padre, il suo lavoro, la mia famiglia: mi sono messo alla prova”.
“Senza lavoro, i che si fa?” si domanda Piero, da buon pratese. La storia di Piero ce la siamo sentiti tutti raccontare almeno una volta: la ditta costretta a chiudere, non per un fallimento, ma per via di una generazione che forse ha combattuto “con le armi di chi si è arreso”, come recita una canzone di Andrea Franchi all’interno dello spettacolo, in un mondo che stava cambiando. Una filatura di una città che prima ha fatto coperte pesanti da mandare dove c’era la guerra, poi si è inventata il rigenerato, ma che si è arresa con l’arrivo dei “tempi moderni” del nylon e dell’acrilico. E i cinesi? “Meno male ci son stati i cinesi!” commenta Piero “che gli unici difetti che hanno son quello d’essere disordinati e di non parlare l’italiano. Per il resto: grandi lavoratori” come lo erano i pratesi giusto qualche anno prima, forse.
“E’ una storia senza partigiani, senza storia d’amore, senza Toni Servillo e La grande bellezza”: è una storia di ordinaria pratesità, di un uomo che ha lavorato per tutta una vita e che ora si trova a fare i conti con una mai citata all’interno dello spettacolo “crisi”, in rapporto d’amore e odio nei confronti della sua città, piena di contraddizioni.
Quella stessa storia che aveva raccontato Teresa Paoli nel suo documentario “Di tessuti e d’altre storie” o Edoardo Nesi in “Storia della mia gente”, oggi diventa uno spettacolo teatrale. La fine di una filatura raccontata con un’apparente leggerezza che alterna le parti comiche raccontate in prosa da Riccardo Goretti alla poesia messa in musica da Andrea Franchi. Quindi non vi aspettate uno spettacolo triste o troppo malinconico: si ride, e non poco.
Una storia che lascia l’amaro in bocca alla fine: e non è l’amaro del capo di Piero che sorseggia al termine della sua ultima giornata di lavoro sul divano, ma quello di chi è nato e cresciuto rispecchiandosi quasi esclusivamente nella sua professione ed ora, senza quella, si sente apparentemente perduto.
“Secondo Elsa Morante – raccontano Goretti e Franchi – ‘FP’ significa Felici Pochi, quelle rare persone per cui stare al mondo è più una delizia che una croce. Secondo noi, ‘FP’ significa Franchi Piero: l’augurio di questo spettacolo è che tutti i Franchi Piero di questo mondo possano un giorno trovare il loro modo di essere Felici Pochi”.
Uno spettacolo, insomma, che tutti i pratesi (ma non solo) dovrebbero vedere.
(Foto: Duccio Burberi)