Non esiste un libro che descriva la storia del design italiano che non conti tra i suoi capitoli quello dedicato alle macchine da scrivere e ai calcolatori meccanici ed elettromeccanici della OLIVETTI.
Non troverete un sociologo od uno storico della cultura Italiana del ‘900 che non possa fare a meno di riconoscere all’esperienza umana e territoriale di Ivrea, del Canavese, e della OLIVETTI un ruolo di eccellenza e una posizione di primo piano.
L’intera storia dell’industria italiana non sarebbe la stessa e non occuperebbe un posto così alto nel quadro delle storie industriali di tutti i paesi dell’occidente se non potesse sfoggiare tra i suoi gioielli di famiglia l’epopea industriale, umana, sociale e culturale della OLIVETTI.
Anche il computer che sta davanti a voi che leggete queste righe, se solo potesse, verserebbe qualche lacrima di commozione davanti al nome OLIVETTI, dato che il suo più lontano antenato, il primo vero computer da scrivania, portava proprio questo nome.
Di tutta quella storia oggi resta molto poco. Resta una fiction. Restano i libri. Resta la storia stessa ad insegnare che produrre ricchezza materiale ed insieme ricchezza umana, non è un ossimoro.
E resta il nome del protagonista di tutta questa storia. Il nome di Adriano Olivetti.
A noi resta anche una carissima collezione di macchine da scrivere e di calcolatori meccanici, disegnati dai più grandi artisti del design che il mondo intero abbia conosciuto, resi obsoleti da oggetti sicuramente più potenti e più utili, ma altrettanto sicuramente, infinitamente più brutti.