Non c’è partita tutta questa settimana. Tutti a vedere GRAND BUDAPEST HOTEL! E non date retta a chi vi dirà che Wes Anderson si è ridotto alla maniera di se stesso perché l’andersonismo semmai negli ultimi tre film si è elevato al cubo.
E se la bizzarria dei personaggi è quella, meravigliosa, dei Tenenbaum e di Steve Zissou – qui su tutti c’è il killer interpretato da William Dafoe in mezzo a un cast al solito strabiliante – il livello di stilizzazione è arrivato a un punto tale che Anderson può saltare dai cartoni animati (The Fantastic Mr Fox, sottovalutatissimo) ai film live action senza soluzione di continuità. Grand Budapest Hotel, che batte ancora questa strada iper-iperrealista è una versione più massimalista e ricca, ambientata in più epoche e formati di quel Moonrise Kingdom che ne è contraltare nostalgico in unico formato 16 mm tra Truffaut e il Piccolo Fuggitivo. Qui la dose di avventura è moltiplicata, così come i livelli di lettura e il romanticismo si mescola al giallo senza mai indugiare nel calligrafismo che era affiorato in The Darjeeling Limited. Decor al solito maniacale e visione obbligata per i produttori italiani: il Cinema abita lontano dal realismo opaco e dai tinelli dai muri bianchi in cui provate a costringerlo.
Sì esce anche il nuovo film di Aronofsky, NOAH, grande e inaspettato successo in patria. Ma a noi Darren piace il giusto, ci piace convintamente solo The Westrler perché c’è un Rourke gigantesco, la Tomei che fa la stripper e i Gun’s Roses al momento giustissimo. E Darren che si dà una regolata con l’effettistica da due soldi e filma come un cugino americano dei Dardenne. Questo kolossal polpettone biblico non l’abbiamo visto. Ne riparleremo presto. Preventivamente è un Mah colossale.
OCULUS è adattamento in forma di lungometraggio di un efficace corto zero budget. Come accade in queste operazioni il lungo funziona meno del corto, ma questa storia di specchi e malefici piacerà agli appassionati di horror.
Del nuovo Vanzina c’è poco da dire. Ci sarebbe anche del mestiere nel continuare a fare cinemademmerda popolare certo ma demmerda e c’è da dire che almeno hanno avuto il coraggio di scrivere il titolo UN MATRIMONIO DA FAVOLA in viola invece che in rosso su sfondo bianco sul manifesto. Ma vi basta il trailer da fiction qua sotto per capire a cosa andate incontro. Preferire questo a Grand Budapest Hotel è come andare a mangiare un panino da MacDonald invece che dal Mau.