La triste parabola di due libertini, sopraffatti dalla carne e dal sangue: fino a domenica al Metastasio di via Cairoli in scena un’interessante interpretazione di “Quartett”, pièce scritta nel 1982 dal “discepolo eretico di Brecht”, Heiner Muller, e riesumata da Valter Malosti, regista e interprete assieme a Laura Marinoni in una produzione dello Stabile di Torino.
In una stanza d’ospedale sterile e ovattata, dalle cui finestre emerge la distruzione e la fine di un mondo che sembra lontano, dimenticato, si muovono il visconte di Valmont (Malosti, un po’ piatto e non sempre convincente) assieme alla sua ex amante, la marchesa de Merteuil (interpretata dalla Marinoni, intensa e potente, regina di uno spazio scenico di non facile conquista). I due, in una continua inversione di ruoli maschio-femmina, mimano le “Relazioni pericolose” da cui prende spunto il copione di Muller, ossia quelle descritte nell’omonimo romanzo settecentesco di Pierre-Ambroise-François Choderlos de Laclos, uno dei capolavori della narrativa francese: le avventure senza regole e senza freni di Valmont con madame de Tourvel e con la giovane Cécile, appena uscita dal convento, si rincorrono sulla scena.
Una moltiplicazione di ruoli e di vicissitudini – magistralmente orchestrate da Malosti e Marinoni – che svelano la pochezza dell’uomo, la sua brama di carne e di sudore. Uno spettacolo che dimentica la moralità e si perde nei gangli del proibito, con sfumature a tratti blasfeme. Uno specchio delle turbe che tormentano il mondo e della continua ricerca di senso in cui l’uomo sembra perdersi. Azzeccatissimi i costumi di stampo settecentesco, che tendono la mano a Laclos e assieme a Stanley Kubrick, ai cui film questo spettacolo deve molto.
Due personaggi, Valmont e la de Merteuil, che convivono con i detriti delle loro vite e percorrono la loro esistenza con il tormento “di vivere e non essere Dio” e di affrontare “la notte dei corpi”: una messinscena che ci guarda dentro e svela sfaccettature della nostra interiorità che non vorremmo mai veder materializzate. Con un testo in cui non mancano spunti interessanti, testimoni di un mondo nel quale la lascivia è solo una copertura ridicola dell’inconsistenza e della tragedia della realtà.