Eccomi qua, ancora una volta a cavallo tra contraddizioni e meraviglie, stavolta in Mexico.
Il Messico é grande, anzi, grandissimo per noi piccoli viaggiatori europei, naviganti delle isole dei Caraibi.
Arrivati a Cancún siamo stati catapultati in una città vestita di hotel all inclusive dalle mille stelle, con automobili che corrono, negozi griffati e gringos che pensano di essere ancora a casa loro. Per sorreggere il sistema, migliaia di lavoratori messicani sono emigrati qui dagli anni ’80 ad oggi. Da un piccolo villaggio di pescatori, tra la laguna e il mare caraibico, Cancún è stata così trasformata in una città enorme.
Qui abbiamo incontrato la madre e il fratello di Damià, venuti a trovarci per una settimana, e siamo scappati in Chiapas.
Il Chiapas è lo stato più povero del Messico ma contemporaneamente è anche il più ricco in beni culturali, natura e folklore. Dopo chilometri di foreste basse, foreste alte, lagune, fiumi e coste siamo arrivati tra le montagne dei Maya, adesso popolate dai contadini indigeni e dai guerrilleri zapatisti. La casa tipica della gente qui è una capanna in legno con tetto di foglie di mais essiccate oppure, se la famiglia ha un po’ di soldi, con il tetto di metallo e le pareti di mattoni. Le donne vestono tradizionale, con gonna di lana nera e camicia ricamata a mano e portano i capelli acconciati in lunghe trecce nere.
Il governo qui non manda maestri, ci sono le “telescuole”, la gente vive di agricoltura di sussistenza e poco artigianato locale. Grazie alla lotta Zapatista il governo centrale ha iniziato alcune politiche sociali per sollevare la regione ma crediamo siano politiche di facciata perchè qua le persone hanno ancora i visi induriti dalla vita quotidiana, soprattutto le donne.
Non siamo riusciti a capire molto di più di questa bellissima regione perché, essendo con la famiglia di Damià, abbiamo vissuto una vacanza più che un viaggio. È stato bello stare in famiglia dopo tanti mesi; con loro abbiamo visitato splendidi resti Maya, immersi tra le foreste e le montagne, abbiamo camminato nella selva, visto cascate, fiumi immensi e alberi giganteschi, visitato paesini dai centri storici coloniali spagnoli. Ma non abbiamo vissuto la realtà delle persone. Mi sono sentita a disagio anche perchè vedevo come viveva la gente del posto e come vivevamo noi, turisti in vacanza, e mi sono sentita una borghese (come sono in verità) fornita di macchina fotografica e cellulare che vive nel suo bel villaggio turistico.
Questa settimana mi è stata utile per riflettere su me stessa e penso di aver accettato una grande verità. Si perché alla fine, che viaggi in autostop o in auto privata, con lo zaino o la valigia, mangiando frutta o andando al ristorante: sono sempre molto ricca rispetto a loro, che non possono viaggiare perchè devono lavorare al campo e aiutare la propria famiglia.
La famiglia di Damià è partita per l’Europa e noi riprendiamo il nostro viaggio. Abbiamo voglia di rientrare in contatto al 100% con il mondo che ci circonda, ma adesso abbiamo una consapevolezza in più: siamo davvero molto ricchi e molto fortunati. Siamo così ricchi che possiamo viaggiare in povertà per scelta, invece che per necessità. Questo mi aiuta a capire come ci vedono gli altri e perchè ci trattano da turisti.
Adesso siamo a Chetumal, città di frontiera con il Belize e nei prossimi giorni attraversiamo la frontiera! Belize arriviamo!!!