1) Questa è una canzone che risale al 1962, dove dimostro di avere sempre avuto, sia da giovane che da anziano, pochissime idee ma in compenso fisse. Nel senso che in questa canzone esprimo quello che ho sempre pensato: che ci sia ben poco merito nella virtù e ben poca colpa nell’errore. Anche perché non sono ancora riuscito a capire bene, malgrado i miei cinquantotto anni, cosa esattamente sia la virtù e cosa esattamente sia l’errore, perché basta spostarci di latitudine e vediamo come i valori diventano disvalori e viceversa. Non parliamo poi dello spostarci nel tempo: c’erano morali, nel Medioevo, nel Rinascimento, che oggi non sono più assolutamente riconosciute. Oggi noi ci lamentiamo: vedo che c’è un gran tormento sulla perdita dei valori. Bisogna aspettare di storicizzarli. Io penso che non è che i giovani d’oggi non abbiano valori; hanno sicuramente dei valori che noi non siamo ancora riusciti a capir bene, perché siamo troppo affezionati ai nostri. (dal commento introduttivo a La città vecchia, Teatro Brancaccio di Roma, 14 febbraio 1998)
2) Perché scrivo? Per paura. Per paura che si perda il ricordo della vita delle persone di cui scrivo. Per paura che si perda il ricordo di me. O Anche solo per essere protetto da una storia, per scivolare in una storia e non essere più riconoscibile, controllabile, ricattabile. (Una goccia di splendore)
3) Si lamentano degli zingari? Guardateli come vanno in giro a supplicare l’elemosina di un voto: ma non ci vanno a piedi, hanno autobus che sembrano astronavi, treni, aerei: e guardateli quando si fermano a pranzo o a cena: sanno mangiare con coltello e forchetta, e con coltello e forchetta si mangeranno i vostri risparmi. L’Italia appartiene a cento uomini, siamo sicuri che questi cento uomini appartengano all’Italia? (da Fondazione Fabrizio De André)
4) Gesù di Nazareth […] secondo me è stato ed è rimasto il più grande rivoluzionario di tutti i tempi. (dal discorso sulla Buona novella nel concerto del 1998)
5) Durante il rapimento mi aiutò la fede negli uomini, proprio dove latitava la fede in Dio. Ho sempre detto che Dio è un’invenzione dell’uomo, qualcosa di utilitaristico, una toppa sulla nostra fragilità… Ma, tuttavia, col sequestro qualcosa si è smosso. Non che abbia cambiato idea ma è certo che bestemmiare oggi come minimo mi imbarazza. (L’amore sacro, l’amor profano – omaggio a Fabrizio De André)
6) Non chiedete a uno scrittore di canzoni che cosa ha pensato, che cosa ha sentito prima dell’opera: è proprio per non voleverlo dire che si è messo a scrivere. La risposta è nell’opera. (Una goccia di splendore)
7) [«Che valore hanno per te l’utopia, il sogno?»] Io penso che un uomo senza utopia, senza sogno, senza ideali, vale a dire senza passioni e senza slanci sarebbe un mostruoso animale fatto semplicemente di istinto e di raziocinio, una specie di cinghiale laureato in matematica pura. (Speciale TG1, intervista di Vincenzo Mollica)
8) Se i cosiddetti “migliori” di noi avessero il coraggio di sottovalutarsi almeno un po’ vivremmo in un mondo infinitamente migliore. (Una goccia di splendore)
9) Agli estorsori di consensi convengono i disagi sociali degli uomini: gli uomini disagiati, senza lavoro, senza soldi, sono facilmente orientabili, sono facilissime fonti di consensi (anche elettorali). (Una goccia di splendore)
10) Gli uomini si dividono in due categorie: quelli che pensano e quelli che lasciano che siano gli altri a pensare. (Una goccia di splendore)
11) Attraverso l’esercizio della solitudine si coltiva la dignità: trovo estremamente più dignitoso chiedere l’elemosina che fare le scarpe al proprio collega in ufficio. (Una goccia di splendore)
12) Questo nostro mondo è diviso in vincitori e vinti, dove i primi sono tre e i secondi tre miliardi. Come si può essere ottimisti? (da un’intervista a Senzapatria, 14 agosto 1991)
13) La televisione è come la storia: c’è chi la fa e chi la subisce. (Una goccia di splendore)
14) Mi comperai la vita con i canti e i sorrisi.(Una goccia di splendore)
Fonte: Wikipedia – Per maggiori info: Fondazione De Andrè