Al cinema la svolta thriller-chabroliana di Virzì con IL CAPITALE UMANO. Non l’abbiamo ancora visto, lo confessiamo, ci fa fatica, non ci strappiamo le vesti per il cinema del livornese, sempre ben scritto e con attori ben diretti, ma raramente capace di elevarsi dalla medietà quanto a stile e profondità di visione. Qui si parla di conflitti generazionali, borghesi in Brianza (anche se il film è liberamente ispirato a un thriller americano), con un gruppo di attori, da Bentivoglio alla Bruni Tedeschi, in grado di garantire comunque intrattenimento di qualità.
De Niro fa a schianti con Stallone ne IL GRANDE MATCH. Tutto molto bello sulla carta, una specie di mostro cinematografico crossover sulla scia di Alien vs Predator o Freddy vs Jason: Rocky vs Jake LaMotta. Ma il film diretto da Peter Segal, regista abituato a commediole con Adam Sandler, ha troppa poca ironia. Da vedere se amate la nuova svolta eroico-senile di Stallone (quello di Rocky Balboa/John Rambo, i Mercenari sono lontani). Se amate De Niro e non avete ancora visto American Hustle guardatevi il film di O’Russell. Meglio quei cinque, familiari minuti di De Niro che le due ore di cazzotti che il puttanone italoamericano (quanti film di merda ha inanellato il Grande Bob negli ultimi venticinque anni?) si presta a pigliare da Stallone.
SAPORE DI TE è il sequel di Sapore di mare firmato dai Vanzina. Siamo prigionieri della nostalgia, ma purtroppo è una nostalgia sbagliata. Ambientato negli anni 80 con gli Spandau Ballet in colonna sonora e una ricostruzione posticcia, con Salemme, la Autieri, Martina Stella bona e incapace come sempre e un’Italia popolata da macchiette invariate. Di peggio rispetto all’originale – per chi scrive un agghiacciante ritratto della futura Peggio Gioventù italiana buono solo come reperto sociologico – c’è la fotografia da fiction e una sciatteria diffusa in qualsiasi reparto.
DUE GIORNI A NEW YORK è il sequel del (dicono) “fortunato” Due giorni a Parigi. Talmente fortunato che non ne avevamo sentito parlare. Comunque di nuovo c’è che la protagonista del film, Julie Delpy è anche regista. Di consueto ci sono innocui sentimentalismi per quarantenni e qualche battuta a segno. C’è Vincent Gallo nel ruolo di se stesso, ma siamo abbastanza lontani dai modelli di riferimento (Linklater, Allen).