Il 2013 è stato un anno di crisi, anche in campo teatrale, è ovvio. Io che scrivo però, e che faccio teatro per vivere, devo dire che non l’ho sentita direttamente, tutta questa crisi. Anzi, non mi posso proprio lamentare. Per me, e sono pronto a scommettere per tanti teatranti, il 2013 è stato semplicemente un anno come tanti altri (lavorativamente parlando, si capisce).
I grandi enti, e i grandi teatri Stabili, hanno fatto il loro, come sempre. I primi ripartendo in modi svariati (a volte discutibili) gli scarsissimi finanziamenti che da sempre il nostro bel paese riserva alla cultura, i secondi continuando allegramente a scambiarsi spettacoli più o meno superflui tra di loro. In molti, tra gli alti funzionari e i dirigenti, si lamentano della poca disponibilità economica, non riescono a mandare avanti la carretta, dicono davvero contriti, e intanto percepiscono stipendi da 7/8 mila euro al mese.
I medi e piccoli teatri e teatranti anche quest’anno hanno dedicato la maggior parte del loro tempo a scannarsi tra se’, producendosi nell’ennesima, straordinaria imitazione dei proverbiali “galli di Renzo” (mentre i grandi di cui sopra se la ridono) e quel poco tempo che è rimasto lo hanno utilizzato per la promozione, le telefonate, le pubbliche relazioni, gli incontri giusti nei festival giusti. Lasciando così ben poco margine agli spazi creativi e al divertimento suppostamente intrinsechi al fare questo bel mestiere.
La maggior parte dei suddetti medi e piccoli poi, continua a vivere anche grazie (o soprattutto grazie) al sussidio di disoccupazione, che anche nel 2013, seppur con regole sempre più nuove e fantasiose, è stato difficilissimo da ottenere. Ovviamente sto parlando di quelli che non sono ricchi di famiglia, e la percentuale si assottiglia drasticamente, in questo bell’ambito di figlidipapà. In ogni caso, i soldi continuano ad essere un argomento volgare. Meglio non chiederne. Meglio aspettare. Poco importa se i pagamenti vengono fatti anche a distanza di due anni. Meglio andare a cercar la gloria, la realizzazione intellettuale, che la pecunia: per quella c’è “Un Posto al Sole” ma che cazzo mica ti vorrai abbassare a.
Anche quest’anno la critica teatrale ha scritto e ragionato. Anche quest’anno nell’indifferenza generale dei NON addetti ai lavori.
Anche quest’anno sono stati assegnati i premi Ubu. E anche quest’anno è partita la polemica. E’ partita dagli esclusi, penserete voi. No, troppo facile! E’ partita dagli stessi che hanno assegnato i premi! Poetico, non trovate?
Comunque, anche quest’anno il premio principale è andato a Ronconi. E’ come Mike Bongiorno coi Telegatti, più o meno.
Anche quest’anno tutti si sono lamentati con tutti, ci sono stati convegni e incontri per “risolvere la situazione che così non può più andare avanti” e che invece si trascina allegramente, ancora e ancora, sempre e esattamente allo stesso modo, altroché.
Anche quest’anno il principale grande sconfitto di tutta questa situazione è sempre lui, solo lui, IL POVERACCIO DELLO SPETTATORE (per dirla col maestro Rezza). Il PDS infatti (quando non mummificato e addormentato nella sua poltrona da abbonato, poverino) è stato nuovamente sballottato tra stagioni e spettacoli medio-pallosetti, presunzioni immotivate, delusioni a un tasso netto del 95%, noia, fortori, sguardi fugaci all’orologio che segna ancora solo le 21.40. Sto esagerando, amici del teatro? Bene, allora facciamo così: prendete un vostro amico, o parente, che non ama l’arte teatrale, o che non è mai stato a teatro. Pescate uno spettacolo a caso da una stagione a caso tra quelle più vicine a voi (non barate, senza scegliere!), e portate il vostro amico con voi a vederlo. Scommettiamo che la sua allergia allo spettacolo dal vivo ne uscirà sanamente vivificata? Gli stessi spettacoli che io stesso ho consigliato da questa stessa rubrica, il più delle volte, si son rivelati delle sòle micidiali.
Anche quest’anno sono stati rappresentati le mille e mille volte Goldoni, Shakespeare, Moliere. Per carità, nulla da dire sul loro genio. Ma voi ascoltereste musica se tutti i gruppi più importanti del momento continuassero a riproporvi soltanto cover dei Beatles?
Anche quest’anno l’urgenza, anche quest’anno la progettualità, anche quest’anno la trilogia.
Anche quest’anno “i bambini sono il pubblico più sincero”.
Anche quest’anno sta finendo, per il teatro, nella reale indifferenza del 99% degli italiani.
Anche quest’anno non è colpa di nessuno.
Infatti non temete miei piccoli lettori, se questo sembra un articolo polemico. Non lo è. Nessuno si sentirà toccato da questo spicciolo ragionamento. Se non si fanno i nomi, qua, tutti son convinti di avere la coscienza a posto.
Beh, un nome allora, alla fine, lo voglio fare, di uno che dovrebbe decisamente riflettere su alcune parti di quest’articolo, ché magari un mea culpa, uno all’anno, fa pure bene. Eccolo qua: Riccardo Goretti.
Buon 2014 a tutti.
Il blog di Riccardo Goretti