Si sono esibiti a New York, ma per il duo Ruprekt (progetto metà pratese, metà fiorentino), giovedì prossimo 17 ottobre a Officina Giovani, sarà la prima volta a Prato. Sperimentazione, elettronica, disegno: non abbiamo dubbi che sia uno dei progetti musicali più “estremi” della zona. Abbiamo contattato tramite chat la metà pratese del progetto, Tommaso Rosati, e ci siamo fatti raccontare cos’è Ruprekt.

ruprekt

Ciao Tommaso

Ciao Lorenzo

Raccontaci la storia del progetto Ruprekt

Ruprekt nasce sui banchi del conservatorio di Livorno col maestro Mauro Grossi. Io e Samuele Strufaldi (il secondo elemento del progetto assieme a me) abbiamo trovato ben presto un’affinità di ascolti gusto musicale. Una volta finito il conservatorio (2 anni fa) abbiamo deciso che era il momento di fare qualcosa insieme ed è nato ruprekt.

Cosa significa Ruprekt?

E’ un personaggio del folklore natalizio tedesco, ma a noi piaceva soprattutto per il suono della parola. Suona spigoloso, sembra che dietro ogni angolo dei suoi caratteri ci sia una sorpresa ed è quello che cerchiamo noi: la sorpresa.
Ruprekt ha 2 facce: una pianoforte e live electronics e una in duo elettronico “puro”. Con la prima faccia siamo stati a suonare a New York a maggio di quest’anno, con la seconda debuttiamo ad Officina questo Giovedì

Spiega meglio queste due facce.

Ok. La prima faccia è più contemporanea, più sperimentale, va a scavare nelle possibilità del suono acustico del pianoforte fuso a sonorità elettroniche. Si lavora su processi di modifica timbrica in tempo reale e morphing continui tra timbro tradizionale e elettronico.
Si utilizzano sensori e microfoni applicati allo strumento reale e device vari (tra cui il monome) per controllare i vari trattamenti sul suono
La seconda faccia non è vincolata a nessuno strumento in particolare, ha un’anima più pop, sfumature IDM, Jazz, Dubstep e perfino hiphop. Si lavora dal vivo con sequenze preimpostate, parti improvvisate e trattamenti in tempo reale. Ci sono anche dei punti di congiunzione tra le due facce, come per esempio la kalimba, che verrà suonata proprio giovedì, uno strumento autocostruito che fa di una kalimba un dedalo sonoro. In entrambe le facce, Ruprekt lavora alla composizione dei pezzi partendo da idee precise, spesso prima disegnate (Samuele è un disegnatore anche) e le sviluppa come fossero mappe dell’idea.

Disegni fatti su foglio proprio?

Sì, foglio o illustrator o entrambi

E come si fa a passare dal foglio allo strumento?

Cercando delle proprietà nell’idea, nel disegno delle proprietà che possono essere trasformate in processi sonori.

Cosa ci dobbiamo aspettare quindi nel concerto di giovedì?

Una kalimba che fa cose mai sentite, tanti dolci distorti, voci di autisti di metropolitana newyorkesi, uomini che cadono in slow motion, cadenze barocche, Sezioni d’archi con LFO, suoni di fontane di rifugi d’alta quota e cose che adesso non so perché le inventeremo giovedì.

Un concerto che consiglieresti a…?

Chi vuole ascoltare e ballare suoni nuovi

Se dovessi accostarti a qualche altro gruppo esistente e celebre, a chi lo affiancheresti il vostro progetto?

Faccia 1: Alva Noto + Sakamoto
Faccia 2: Aphex Twin e Amon Tobin

Cosa siete andati a fare nella Grande Mela?

Siamo andati a suonare un brano da noi composto chiamato “Spaccato” in cui lavoriamo sulla distruzione del timbro del pianoforte partendo dal suono puro. Eravamo dentro una rassegna di musica contemporanea, e facevamo parte di un gruppo di compositori italiani capitanati dal Maestro Belfiore del conservatorio di Firenze. E’ andata alla grande. Un sacco di bei commenti e un’esperienza importante per noi.

Com’è vista la musica elettronica laggiù? e qui? quali sono le differenze di “cultura”?

Diciamo che NewYork è veramente un enorme palcoscenico, suonarci è suonare in una piccola parte di questo palcoscenico quindi è difficile avere una visione d’insieme. Comunque a mio avviso per certe cose l’idea compositiva è più facile trovarla da un italiano. Lì son preparati tecnicamente e come possibilità di utilizzo materiali e spazi. E investimenti…Il centro della musica elettronica attualmente è più spostato verso Parigi e Berlino secondo me. Parigi per quella più “colta”, Berlino per quella più “pop” (anche se non mi piacciono queste definizioni e ruprekt ne è un esempio).

“Elettronica” a volte è troppo spesso associato alla musica da “club” oppure alla musica per nerd. Che ne pensi?

L’elettronica è un mondo. Ci sta dentro Skrilex, Luciano Berio, Stockausen, Bjork e Jovanotti. In senso ampio per me l’elettronica è una possibilità, uno strumento. Come quando prima del 1700 non c’era il pianoforte, non si scriveva per pianoforte. Una volta che c’è stata la possibilità di avere quelle sonorità e quella gestualità si è scritto i notturni di Chopin, Cantaloupe Island di Hancock e Piccolo grande amore di Baglioni.

e riportando questo ragionamento a oggi e all’elettronica?

Per l’elettronica oggi è lo stesso, si utilizza come elemento, possibilità compositiva e performativa tutto ciò nella migliore delle ipotesi e nei paesi in cui la cultura musicale ha un respiro. In Italia spesso mi dà l’idea che molte cose non si conoscano e si pensa all’elettronica solo come a una cosmesi da mettere per “truccare” il suono o qualcosa da mettere a forza perché “fa figo”. Spesso non sapendo che oltre alle drum machine c’è di più…In altri paesi sono più preparati, ascoltano di più e con più apertura mentale

Restringendo il cerchio su Prato, sulla cultura musicale, quali sono i più grandi difetti di questa città?

L’apertura al nuovo e un teatro dove poter ascoltare anche un po’ di roba del ‘900, non solo Bach e Beethoven ma anche (mica tutti i giorni, solo qualche volta)  Stravinskij, Messiaen Berio o Ligeti. Male non farebbe, secondo me.

Grazie mille per questa intervista

Grazie a voi, a giovedì.