Ligabue – Il sale della terra
“Eri bellissima, ostrica e lampone”: pensavo che un verso più assurdo di questo sarebbe stato difficile scriverlo. Invece Luciano ha superato se stesso. In “Il sale della terra” arriva a livelli inaspettati. Tutta una critica alla nostra società, molto probabilmente società italiana (e allora c’è da domandarsi perché vai a girare il video tra i grattaceli di NY?) viene racchiusa in un verso, il verso del ritornello, di un ermetismo e profondità che farebbe invidia ad Ungaretti: “Siamo yeeeeeeeeee…”. Un inno generazionale, oppure un messaggio a suo fratello Marco Ligabue, che sta conquistando un flop discografico dopo l’altro: “Guarda che se voglio posso scrivere testi inutili anche io”. Ed ecco fatto: via il capello lungo (anche perché il bianco si inizia a vedere troppo), con photoshop gli mandiamo via un po’ di grigio e lo trasformiamo in marrone, e via, a spasso a rallenty per le vie di una metropoli americana con la maglietta della salute nera. Il testo appare in basso alla “breaking news” del telegiornale. A volte essere il sale della terra fa venire voglia di essere zucchero. Luciano, occhio agli scalini, soprattutto sul palco.
Negrita – La tua canzone
Essere provinciali anche a 45 anni è possibile. I Negrita: maestri indiscussi. “Resta ribelle, non ti buttare via”: con le solite vocali allungate i soliti primi piani con le mani che indicano lo spettatore, i soliti paesaggi da 15 anni. Sembrerebbe facile realizzare una canzone ed un video del gruppo di Pau & soci a guardare questo ultimo (e gli ultimi 8, forse): prendi una macchina, magari decappottabile, vai da H&M e fai uno stock di vestiti, prendi una campagna del sud America e ce li butti dentro. Il resto lo fanno loro, ormai ci sono abituati, sanno fare il loro mestiere. Per i testi, come già detto: vocali allungate, parlare di gioia e rivoluzione, “prendi una chitarra, scrivi la tua canzone”, viva l’amore e le canzoni ammiccanti per ragazze che verranno ai tuoi concerti.
Gigi D’Alessio – Ora
Un ritorno tanto atteso quello di Gigi. L’ultima volta l’abbiamo visto è stato a Sanremo, in grande spolvero col giubbino di pelle, affiancato da un’inarrivabile Loredana Berté. Mette da parte la sua vena dance, dopo aver già messo da parte quella neomelodica, appende il pianoforte al muro e imbraccia la chitarra: un video biografico quello di “Ora”. La cui regia, forse, è stata curata da Federico Moccia, o simili. I primi passi in musica, le feste dagli amici e “ora voglio sentire la vostra voce perché non voglio svegliarmi da questo sogno” (ebbene sì, per criticare questo video, l’abbiamo dovuto visionare dal principio alla fine). Gigi da giovane (è stato giovane, già) aveva i capelli e il pizzetto. Lo si scopre nel suo nuovo video, in cui, molto probabilmente, hanno rapito un giovane ragazzo e lo hanno costretto a rappresentare D’Alessio a 18 anni e cantare il ritornello della canzone (in alternativa, è l’attore che ha preso il cachet più alto per un videoclip in Italia, almeno per il coraggio). Immaginatevi l’imbarazzo di questo giovane attore, che magari ha fatto anche qualche accademia o qualche scuola di teatro, tornare la sera dagli amici e dire “oggi ho lavorato, si ad un progetto…” e vergognarsene. Sicuramente “Ora” di Gigi, vincerà un premio per “il video peggio vestito” dell’autunno 2013.
Marco Mengoni – Non passerai
Il vincitore dell’ultimo Festival di Sanremo (che è rimasto alla storia più per i suoi completi monocolore presi direttamente da Zara, molto probabilmente, più che per la sua canzone) non ha più il cuore di metterci la faccia nei suoi video: a questo giro si infila una scatola di cartone in testa (forse per la vergogna?). Il video di “Non passerai” racconta la storia di un maniaco, in poche parole. Un maniaco con un cuore di cartone che va a giro per Parigi (anche qui si gira all’estero, mah…) a rubare scatti ai passanti per poi appenderli nella propria cucina. Mengoni mette da parte i suoi urletti (di cui non se ne può veramente più) e scrive un testo che contiene il verso “non passerai” ripetuto dalle 120 alle 280 volte. Condito da versi a caso come “salgo in alto”, “ora serve il coraggio per me di guardare giù”, “non c’è niente che resiste al mio cuore” e ovvietà del genere. Non passerai dalla porta con quel cartone in testa, caro Marco.