Di nuovo Paolo Benvegnù a Prato. Nel quasi totale silenzio mediatico il tam tam virtuale raduna circa trecento persone davanti al palco del Tondo di Piazza Mercatale per il concerto di uno fra gli artisti di maggior spessore (e più sottostimati) del panorama musicale italiano. Accompagnato da Andrea Franchi, nell’occasione valido polistrumentista, Benvegnù, nel suo sparato-gessato e cravatta anche nella canicola più nera, ha ripercorso alcuni fra i passaggi più significativi della sua pluriventennale carriera. L’insolito duo sembrava incarnare l’idea del Don Chisciotte (Benvegnù) perennemente in lotta coi mulini a vento del riconoscimento della propria statura artistica presso il grande pubblico, e del Sancho Panza (Franchi), fido scudiero, folletto ingovernabile, a rappresentare il puro piacere del far uscire dei suoni dagli strumenti musicali. Dapprima sono state le canzoni dell’ultimo disco “Hermann”, come “Andromeda Maria” e “Io ho visto”, dopo le quali le prime file si andavano già sciogliendo in un trasportato ondeggiamento di anche. Fra le seconde file gli ascoltatori assorti si frammischiavano ai crocchi dialoganti in circolo, per cui si percepiva in sincrono la poesia del bicchiere ferito d’ambrosia, proveniente dal palco, e il racconto di una certa cosa che era accaduta a Bagnolo, proveniente da una biondina accanto a me che dava le spalle al concerto.
Dopo “Anime avanzate”, dedicata a Carlo Monni, Benvegnù è tornato al suo repertorio d’annata, ricco di “classici” della musica d’autore italiana: da “Simmetrie” a “Cerchi nell’acqua” a “Nel silenzio” a “La schiena”, fino a “Il sentimento delle cose” dove Franchi si è superato e come la Dea Kalì ha suonato con un braccio la batteria, con l’altro la tastiera, con una gamba la cassa e con la voce i cori. Un segmento di intenso lirismo che ha accomunato i vecchi seguaci dei tempi degli Scisma ed i giovanissimi, presenti in numero confortante. Perso il primo bis perché è arrivato il Bellucci a raccontarmi di quella volta che crollò la strada statale 325 sullo studio di registrazione di Benvegnù alla Madonna della Tosse, sono stati il tris “500” e il quatris “Johnny and Jane”, la canzone degli innamorati, a chiudere un concerto che sicuramente avrebbe meritato maggior risalto nel cartellone dell’estate pratese.