Ieri è uscito il loro nuovo disco “Vestiti Leggeri”, completamente in italiano, completamente italiano. I Gatti Mézzi, Francesco Bottai e Tommaso Novi, si son tolti i vestiti di dosso per raccontarci loro stessi, i loro pensieri, le loro vite, le paure. Si canta d’amore sofferto, di bambini che crescono, di tempi di crisi, di proibizioni, della loro Marina di Pisa.
Venerdì 26 Aprile al Politeama pratese lo presenteranno per la prima volta con una formazione speciale, formata anche da archi, fiati e vibrafono. Ospite speciale della serata Dario Brunori. Noi abbiamo parlato del disco e della serata con Francesco Bottai.
Partiamo dal disco. Già dalla prima traccia “Piscio ar muro” sembra si inizi ad ascoltare più che di un disco in italiano dei Gatti Mézzi, un vero e proprio disco italiano: orchestrazioni e grandi melodie che sembrano tirate fuori da una commedia anni 60 con Nino Manfredi.
Io penso che sia un disco molto italiano, nel senso di Italia cinematografica. Ci siamo arrivati relativamente abbiamo visto e ascoltato in questi anni. Ci sono dentro degli elementi che hanno come paternità sicuramente Nino Rota, Riz Ortolani, alcune cose della commedia all’italiana di Morricone, sicuramente. Ma anche ascolti che provengono dal mondo del cantautorato italiano e non: Tom Waits, Sergio Endrigo, Luigi Tenco. Son cose nate in maniera inconscia e non preordinate: il fatto che sia più italiano è una cosa che è venuta naturale, sono usciti così i testi, nulla di calcolato. Io e Tommaso componiamo separatamente alla stesura dei pezzi, e quando li abbiamo portati in studio per capirci su dove si andava a parare, abbiamo scoperto che il nostro percorso era stato il medesimo. Anche, per esempio, l’idea di scrivere una canzone a testa sui nostri bimbi (“Furio su una rota” e “Pepe“), per esempio, è venuta naturale: rispecchiando la vita di ognuno di noi, la nostra arte viene influenzata, negli umori, nel modo di comunicare e di suonare.
Nei testi cambia la prospettiva: prima raccontavate i personaggi e le situazioni che avevate attorno, oggi cantate voi stessi, cercando di “esorcizzare” le vostre paure, in questi tempi di crisi.
E’ un disco che ha a che fare con la parte intima di noi stessi, anche se, farlo del tutto, è molto difficile. Sicuramente rispetto agli altri nostri lavori abbiamo voluto mettersi un po’ più a nudo (da questo il titolo “Vestiti Leggeri“). Sicuramente è un modo terapeutico di tirare fuori le paure che abbiamo: spesso sono sfoghi, spesso sono analisi.
All’interno del disco, una canzone dedicata alla vostra città: Marina di Pisa, che città descrivete?
Marina è un posto abbastanza anacronistico: è un luogo decadente e a volte in maniera insperata. Il mondo per come è oggi non mi piace tanto, ma nemmeno esteticamente, devo dire la verità. Marina ha mantenuto delle cose ormai perdute nel tempo negli altri posti, probabilmente anche grazie ai marinesi, che sono in pratica degli “isolani”, nel senso che sono isolati dalla città, che si trova a 12 chilometri. E Marina, grazie e a loro e al loro carattere, è rimasta d’annunziana, decadente e misteriosa. Nel pezzo sostengo che, secondo me, la vera natura di marina sia quella invernale, che poi trasforma “da acciuga in orata per esser ben voluta” d’estate per far venire la gente al mare. D’estate quindi cambia e si trasforma suo malgrado per me.
A chi parli quando canti la tua canzone “Ti c’ho beccato“? (“allora spiegami perché un c’hai problemi a buttare un divano dentro a un fiume, e poi ti basta guardà Santoro, per non sentitti un sudiciume“)
Parlo ad una categoria di persone veramente troppo diffusa. Io questo pezzo l’ho scritto dopo aver assistito a diverse discussioni, nelle quali mi sembrava proprio ci si sciacquasse i propri problemi additando le problematiche agli altri. E’ dedicata a tutti quelli che fanno la morale agli altri e poi dentro casa c’hanno un sacco di problemi grossissimi e non li vogliono vedere.
Questo disco è prodotto da Picicca dischi, l’etichetta di Dario Brunori (Brunori sas), che è ospite nel vostro disco e nel live di presentazione che ci sarà Venerdì 26 al Politeama Pratese. Come è nato questo sodalizio?
Abbiamo trovato in Picicca dei veri professionisti, gente che c’ha voglia di fare le cose, c’hanno uno stile preciso, il che non è scontato, perché non si insegna. Hanno una connotazione precisa nelle scelte che fanno. Son contento, si sta sviluppando bene il progetto assieme a loro: ci s’annusava da tempo, ci siamo piaciuti.
Il concerto a Prato come sarà?
Quattro archi, sezione fiati, un vibrafonista, oltre alla nostra formazione in quartetto di sempre e l’ospitata di Dario Brunori durante la serata. Sarà sia a livello scenografico che a livello musicale un concerto bello pieno e son proprio felice ed emozionato. Non siamo riusciti per questione di tempi a riarrangiare anche un po’ di brani dei vecchi dischi per questa formazione, ma sicuramente non mancheranno nemmen quelli.