In neanche 24 ore se ne sono andati due grandi autori delle più belle pagine del libro della musica italiana: Enzo Jannacci e Franco Califano. Diversi, lontani forse, accumunati dall’amore nei confronti della città dove hanno sempre abitato e a cui hanno reso omaggio con gran parte della loro discografia. Enzo Jannacci, il cantautore chirurgo, genio e creatore di un linguaggio nuovo per cantare i “nascosti” di Milano; Franco Califano, “il Califfo” amante delle donne, legato alle borgate e alla melodia italiana, il Prevert di Trastevere. Uno cervello, l’altro pancia, come lo sono poi Milano e Roma se guardiamo una cartina qualsiasi del nostro Paese.
Ma forse ci sono alcune cose che non sapete di questi due cantautori. Il giorno in cui si tengono i loro funerali, vogliamo rendere omaggio a due grandi artisti, a due grandi uomini che ci hanno regalato tante emozioni con le loro parole e le loro melodie.
1.
Enzo Jannacci: Suo figlio Paolo, all’interno della biografia che ha scritto di suo padre “Aspettando al semaforo” (che vi consigliamo), scrive che per capire a pieno il genio di Jannacci bisogna, nell’ordine: Conoscere la topografia di Milano/Rogoredo/Forlanini; aver letto Lo straniero di Camus o chiederne il riassunto a Teo Teocoli; conoscere almeno in parte i Vangeli; aver frequentato corsi di medicina e chirurgia; suonare uno strumento almeno come Louis Armstrong; aver ben visto la vergogna di chi, nel nostro Paese, ha voluto la guerra e spedito la sua gente nei campi di concentramento a morire; sapere, o almeno capire, cosa vuol dire aver fame; conoscere il dialetto milanese e le parole segrete della mala.
Franco Califano: Non è romano, o meglio non è nato a Roma, nè ha famiglia di origine romana. Nasce a Tripoli (quando la Libia ancora era territorio italiano), con famiglia proveniente dal salernitano. Si trasferisce a Roma da bambino, dove cresce, per poi trasferirsi a Milano, l’allora capitale della musica italiana. Non nasce come cantautore, nemmeno come autore, ma come vero e proprio poeta. Dopo aver constatato che non gli avrebbe mai fruttato nemmeno qualche lira in tasca, inizia a trasformare le sue poesie in testi musicali altrui.
2.
Enzo Jannacci: Fu Dario Fo a “scoprire” Enzo Jannacci, o meglio, fu il primo a credere davvero in questo medico che si dilettava con canzonette strampalate e mai sentite prima. Enzo nutriva per il premio nobel italiano un rispetto viscerale. Per Enzo, Fo era “La legge”, il Molière italano. Lo spinse a cimentarsi nel recital, allora poco diffuso in Italia. Lo spettacolo di Jannacci 22 Canzoni, con relativo disco annesso, fu diretto da Fo. Ed è primo vero lavoro, con il quale gli italiani hanno conosciuto “uno” forte e strano di nome Enzo Jannacci. Era il 1964.
Franco Califano: è stato insignito nel 2005 della Laurea Honoris Causa in Filosofia all’Università di New York “per aver scritto una delle più belle pagine della Canzone Italiana e con Tutto il resto è noia aver scritto la più bella sintesi dell’uomo latino”, recita la motivazione. Prima di lui la stessa università aveva donato la Laurea a Edoardo De Filippo e all’ex Presidente della Repubblica Francesco Cossiga.
3.
Enzo Jannacci: partecipa cinque volte al Festival di Sanremo. La prima come autore di una canzone per Giorgio Gaber dal titolo “Benzina e cerini”, finita nel dimenticatoio. Dall’89 al 98 ci partecipa quattro volte con: “Se me lo dicevi prima”, “La fotografia” (in coppia con Ute Lemper), “I soliti accordi” (in coppia con Paolo Rossi), “Quando un musicista ride”. Ha calcato il palco dell’Ariston innumerevoli volte anche al Premio Tenco.
Franco Califano: vince Sanremo come autore della canzone “Un grande amore e niente più”, cantata da Peppino di Capri; partecipa sempre come autore de “La nevicata del ’56” cantata da Mia Martini; come interprete partecipa nell’88 con “Io per le strade di quartiere”, nel 1994 con “Napoli” e nel 2005 con “Non escludo il ritorno”, scritta insieme ai Tiromancino. Seppur grande amico di Luigi Tenco, non è mai stato invitato al Premio a lui dedicato nella città dei fiori (a pensarla male forse per le sue ideologie politiche, che lo hanno sempre tenuto in disparte dal mondo del cantautorato “nobile” italiano).
4.
Enzo Jannacci: In una delle sue ultime rare apparizioni televisive, al concerto del Primo Maggio del 2005, venne fischiato e contestato da un pubblico maleducato, non interessato ad ascoltarlo, che urlava “vattene, vattene! Basta!” per aver cantato “Sei minuti all’alba”, una canzone che racconta gli ultimi attimi di vita di un condannato a morte. Qui trovate il video della canzone cantata di seguito, in sottofondo si sentono ancora i fischi e le grida.
Franco Califano: E’ stato due volte in carcere, passandoci più di un anno da detenuto. Nel 1970 fu processato per possesso di stupefacenti (caso in cui fu coinvolto anche Walter Chiari), nell’83 per lo stesso motivo e per porto abusivo di armi, questa volta insieme al conduttore televisivo Enzo Tortora. In tutti e due i casi fu assolto perchè il reato non sussisteva.
BONUS
Cose che non sapremo mai:
Enzo Jannacci: Non capiremo mai a pieno il senso di alcune sue canzoni. Ad esempio “Silvano”: “…amami sdentami stracciami applicami e dopo stringimi….non volevo dei ciccioli…”
Franco Califano: Non sapremo mai il numero preciso di donne che ha avuto.
Aforismi:
Enzo Jannacci: “L’esistenza è uno spazio che ci hanno regalato e che dobbiamo riempire di senso, sempre e comunque”
Franco Califano: “Sono sempre andato a letto cinque minuti più tardi degli altri, per aver cinque minuti in più da raccontare”