“Per tutti gli avventurieri della frontiera americana il grido era sempre lo stesso: “Pike’s Peak o morte!”. Uomini pronti ad abbandonare tutto della propria vita per stabilirsi nel selvaggio West, in una porzione di terra che solo nel 1876 sarebbe ufficialmente entrata a far parte degli Stati Uniti con il nome di Colorado. A muoverli non era certo il richiamo dei panorami mozzafiato offerti dalle Montagne Rocciose e dalla rigogliosa vegetazione di abeti e pioppi aspen, che la fine dell’estate trasforma in uno splendido e accecante tappeto verde-giallo. E neppure agognavano di raggiungere il Pike’s Peak (una delle vette più alte dello stato) per le grandi quantità di neve che durante i mesi invernali lo imbiancano e che oggi fanno la gioia dei numerosi turisti e delle organizzatissime stazioni sciistiche. Il Colorado è rimasto a lungo un territorio di passaggio su cui pacifici pascolavano i bisonti e abitavano millenarie tribù indiane. La scoperta che quelle stesse montagne erano letteralmente imbottite d’oro cambiò le cose in maniera radicale…”
Comincia con queste parole il reportage che potete trovare in edicola stamani con D di Repubblica. Un reportage che porta la firma di due pratesi, Filippo Bardazzi e Laura Chiaroni, partiti per il Colorado nel settembre 2012 con un’idea precisa: visitare le città minerarie del Colorado. Per vedere cos’è rimasto di quello che diede il via a tutto, all’America e allo spirito americano, e per vedere anche cosa diventerà.
Ci sono le distese vuote e i cieli azzurrissimi che abbiamo imparato a conoscere davanti al televisore. Ci sono le case di legno colorato, le facce indurite sotto gli Stetson, i depositi per l’acqua stampati sull’orizzonte, le città fantasma dell’America profonda e le pistole dei loro abitanti, coi i loro baffoni; ci sono le piscine vuote trasformate in parchi giochi per bambini, i teschi animali appesi sopra l’ingresso, gli scorci selvaggi con i . C’è tutta la magniloquenza e anche la grandezza del frontiera americana.
Filippo Bardazzi, 26 anni, presidente dell’associazione Blitz!, è l’autore del testo e di alcune delle foto apparse sul settimanale e racconta cosa li ha spinti in Colorado.
“Siamo due fotografi interessati al rapporto tra uomo e paesaggio. Quello che ci sta spingendo nel West (perché il progetto è ancora in progress, questa è solo la prima parte dedicata al Colorado) è stato il desiderio di confrontarci con un ambiente leggendario, nel senso più originario del termine. Vogliamo provare a capire come questo mito abbia influito sull’ambiente e sulle persone. E si capisce subito che ci sono pochi luoghi al mondo che nell’immaginario collettivo, e non solo in quello americano, hanno significato quello che ha significato il West”.
Un viaggio alla scoperta del mito americano rimbalzando da una città mineraria all’altra. “Ne abbiamo visitate quasi sessanta, per capire cosa resta di quell’epoca e di quell’America lì, ma anche per documentare il West di oggi, specialmente in un periodo così particolare della Storia, in cui l’America perderà a breve la propria influenza primaria sugli affari economici (e presto forse anche su quelli culturali) nel mondo. Vogliamo documentare lo stato delle cose nel luogo in cui un secolo fa si è formata l’attuale cultura dominante”.
Attenzione però a non parlare di decadenza. Filippo Bardazzi spiega che è tutto più complicato di quello che si possa immaginare. “Molte città che abbiamo visitato sono abbandonate, anche perché all’epoca non erano altro che accampamenti. Nelle altre sembra davvero di fare un salto indietro di cento anni – racconta – poi magari c’è il wifi ovunque e la gente si sposta in SUV, ma questo è un altro discorso. Hanno comunque un forte rapporto col loro recente passato, non tanto dal punto di vista architettonico (come potrebbe essere il caso dell’Italia), ma proprio a livello culturale. Non so se mi spiego – aggiunge – non farebbero mai gli Uffizi, tanto per fare un esempio, ma ad ogni angolo di strada o nei bar c’è qualcuno o qualcosa che ricorda l’epopea dei pionieri”.
La prossima tappa del viaggio è prevista per il 2014. “L’itinerario non è stato ancora deciso nei dettagli – conclude Bardazzi – sicuramente però faremo tappa nel Montana”.